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FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

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CORRENDO SUI TETTI

Ci confrontiamo ancora con il tema della memoria, e con piacere, perchéfinalmente si parla di una parte della nostra storia il più delle volte ignorata. L’ultimo libro di Vanna Cercenà, Non piangere non ridere non giocare, in uscita per Lapis, rientra nel filone delle storie che riannodano i fili della memoria dispersa, con un tratto di evidente originalità, scegliendo di affrontare un tema, quello dell’emigrazione italiana, ampiamente rimosso. La storia è ambientata in Svizzera, negli anni ’70, e riguarda la triste condizione di una lavoratrice stagionale e della figlia, Teresa, a tutti gli effetti una clandestina. La madre l'ha portata con sé per disperazione, non potendola affidare alla nonna ed è costretta ad imporle una vita da reclusa, poiché ai lavoratori stagionali è vietato portare la famiglia, pena l’espulsione dal paese. Teresa passa dunque le sue giornate annoiandosi nel sottotetto in cui vive con la mamma, fino a quando non entra nella sua vita, passando dalla finestra, un bel gattone rosso e dietro a lui un ragazzino poco più grande di lei.
Da questo incontro nasce un’amicizia avventurosa, con scorribande nel quartiere e incursioni sui tetti, durante le quali la coppia di audaci esploratori scopre i loschi traffici di un vicino di casa. La piccola Teresa, combattuta fra paura e l'allegria della compagnia conquistata, ritrova l'entusiasmo della sua età. Sullo sfondo, un referendum in cui i cittadini svizzeri sono chiamati a votere la limitazione della presenza di lavoratori stranieri.
Trovate forse qualche analogia con il nostro presente e con la retorica anti immigrazione che ha riempito le pagine dei quotidiani e gli schermi televisivi per anni? Si, le assonanze sono impressionanti e a questo proposito consiglierei di rivedere anche il film Pane e cioccolata, del ’73, ambientato in Svizzera e interpretato da un grande Nino Manfredi. Le armi della retorica anti straniero sono sempre le stesse e variano dal razzismo puro alla difesa delle sicurezze acquisite, ritenute a rischio per la presenza di lavoratori stranieri. Questi pregiudizi, queste strumentalizzazioni i migranti italiani le hanno patite in tempi non remoti, ma a quanto pare invano. Molto giusta l'attenzione che l’autrice mette sulla condizione dei bambini, costretti, allora e oggi, a vivere in condizioni di semi clandestinità e quando va bene di non cittadini, o quasi cittadini. Solitudine, spaesamento, mancanza di punti di riferimento sono il minimo che possa capitare. Ma, ad aiutarli, c’è pur sempre la grande risorsa dell’amicizia fra bambini, non condizionata dai luoghi comuni e dalle leggi astruse degli adulti. Se il tema è impegnativo, l’autrice, che aveva già parlato dell'amicizia fra 'diversi' inTre amici in fuga, riesce a rendere la trama avvincente, con una scrittura scorrevole che consiglia la lettura a partire dai nove/dieci anni.
Eleonora

“Non piangere non ridere non giocare” V. Cercenà, Lapis 2014


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TARTE TATIN

La tarte tatin è una delle torte che mi piacciono molto. Mi intriga l'amarognolo che sta dietro al dolce del caramello e l'abbinata con la pasta senza zucchero.
D'altronde ho iniziato a scrivere su questo blog proprio proponendone un paio di versioni salate.
Ma oggi voglio parlare proprio della ricetta base, ed il motivo è semplice.
Ho avuto l'ardire di prepararne una per una cena che ho condiviso con delle vere parigine. A dire il vero non l'ho fatto di proposito. L'ho scelta perché era molto che non la facevo, e ne avevo voglia. Solo all'ultimo ho realizzato che era stato molto rischioso, ma si sa, la fortuna aiuta gli audaci, e le mie ospiti mi hanno fatto molti complimenti.
Quindi eccovi la ricetta che ha passato la verifica sul campo.



Ingredienti
250 gr di farina
160 gr di burro
1 uovo
un pizzico di sale
4 mele renette, sceglietele più o meno della stessa dimensione
150 gr di zucchero


Setacciate la farina, aggiungete un pizzico di sale, mettete al centro 125 gr di burro a pezzetti e sbriciolatelo con le mani nella farina. Aggiungete l'uovo e impastate velocemente.
Avvolgete l'impasto con la pellicola e lasciate riposare in frigo per una mezz'oretta.
A onor del vero devo dire che non sempre lo faccio e il risultato non è poi tanto diverso, dipende molto dalla temperatura dell'ambiente in cui siete.

E' molto importante scegliere la teglia in cui cuocere la torta perché dovete farci il caramello e a cottura ultimata girare il tutto, sperando che si stacchi bene. Dopo un po' di prove ho verificato che la migliore è una teglia di alluminio.
Allora, mettete sul fuoco la teglia con 120 gr di zucchero e un 2/3 di cucchiai di acqua (vale sempre la regola che più acqua è uguale a più tempo a farlo, ma più elasticità finale) e fate andare girando fino a che il caramello è fatto. Deve raggiungere un bel colore ambrato. Più è scuro e più avrà il retrogusto amarognolo, attenzione però che arrivati a quel punto brucia facilmente.
Togliete dal fuoco e mentre è caldo muovete la teglia per distribuirlo uniformemente.
Ora arriva il momento delle mele, che devono essere renette perché cuocendo perdono poca acqua, le altre invece vi lasceranno dello spazio tra una fetta e l'altra, e non sarà bello da vedere.
Allora, tagliatele a fette orizzontali di circa 1 cm di spessore. Togliete delicatamente i semini e adagiatele sul caramello lasciando verso il basso la faccia della fetta che ha un fiore fatto dagli involucri dei semi. Accostate le fette e riempite il fondo della teglia.
Cospargete di zucchero e pezzettini di burro.
Stendete la pasta fino ad avere un disco poco più grande della teglia, dello spessore di non più di mezzo centimetro.
Adagiatelo sulle mele, risvoltate la parte abbondante in modo da fare un piccolo bordo che, ad operazione ultimata, staccherete con la punta di un coltello dalle pareti verticali della teglia.
Fate qua e là dei forellini sulla pasta con una forchetta e infornate 180° per trenta minuti.


Come già detto l'operazione più difficile viene al momento di toglierla la torta dal forno. Dovrete immediatamente girarla sul piatto di portata.
Nel caso, non improbabile, che non tutte le mele siano rimaste attaccate alla torta, non disperate, ma velocemente staccatele dalla teglia e riposizionatele al loro posto.
Potete servirla anche tiepida.

Gabriella




FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

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PUO' LA LETTERATURA SALVARE LA VITA?



Viene da lontano, dal Quebec, uno dei migliori libri visti quest'anno: Jane, la volpe & io, una graphic novel per ragazzi, ma ovviamente anche per 'grandi', di Isabelle Arsenault e Fanny Britt. Protagonista Helene, una ragazzina in quella infelice età di mezzo, fra infanzia e adolescenza, perseguitata dal classico gruppo di 'bulle' che le hanno fatto il vuoto attorno. Lei è grassa, lei puzza. Helene sente i commenti crudeli delle sue persecutrici anche sull'autobus, ma qui c'è una via di scampo: aprire un libro, Jane Eyre, e la pagina si colora, la vita si colora. 


La mamma l'aspetta con un vestito nuovo, cucito da lei, dopo aver lavato i piatti, stirato, preparato il pranzo del giorno dopo e preparato il proprio lavoro. Una madre sola, stanca. Ma lo sforzo materno non basta a riportare il sorriso nella vita di Helene, che continua ad intrecciarsi con la storia di Jane Eyre. Intanto, si profila all'orizzonte l'incubo di un campo estivo, l'apoteosi delle persecuzioni e delle vessazioni.
Ma sarà proprio qui che succederanno due cose che cambieranno il corso della sua vita: lo sguardo di una volpe e l'incontro con un'altra ragazzina. La vita, allora prende davvero colore e, nonostante tutto, come in un libro, la storia 'finisce bene'.
Un libro illustrato davvero particolare, intensamente poetico ed evocativo, rimanendo di una semplicità essenziale. Senza strizzare l'occhio alle mode e al gergo del momento, racconta la crescita di una ragazzina normale, che ovviamente grassa non è e non è puzzolente, in un momento delicato e difficile della sua crescita, quando sembra che tutto congiuri contro e non ci siano vie di scampo. Una vita grigia , da isolata, da 'sfigata'. E invece no, anche qui, come nei libri di Polleke, ad un certo punto irrompe il vento della primavera, il cambiamento, la svolta apparentemente inessenziale che cambia il tono, il colore della vita. Un incontro, un'esperienza e il grigio scompare.


In sottofondo, la storia di Jane Eyre, metafora della potenza del romanzo, delle storie, con i personaggi che escono dal libro e ci siedono accanto, raccontandoci la loro storia. La lettura è anche questo, entrare nelle vite degli altri, di altri e altre immaginari, eppure vivi e presenti nel nostro presente. La nostra stessa vita ne viene illuminata, gli episodi, le relazioni, gli incontri, lo stesso dolore, acquisiscono una diversa prospettiva. I libri ci cambiano e noi 'cambiamo' i libri che leggiamo con la nostra personale interpretazione.
Davvero un bel libro, che non ci si stanca di guardare; semplice, lineare, leggibilissimo come graphic novel, denso di significati e di storie da raccontare. Adatto a ragazze/i a partire dai dodici anni.

Eleonora



Jane, la volpe & io”, I. Arsenaut e F. Britt, Mondadori 2014

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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QUANDO GIÙ DIVENTA SU
Virginia Wolf, la bambina con il lupo dentro, Kyo Maclear, Isabelle Arsenault
Rizzoli 2014


ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)


"Un giorno mia sorella Virginia si è svegliata che aveva un lupo dentro. Faceva versi da lupo e si comportava in modo strano...[...] Io ho fatto quello che potevo per farla contenta. Le ho dato dei dolcetti. se li è divorati tutti. Ma non è servito. Non c'era niente che la facesse felice. Il gatto no. Il mio violino no. Nemmeno a far le facce a nostro fratello Thoby. Si è nascosta sotto le coperte e ha detto: LASCIAMI STARE."



Quel giorno il su diventò giù e il chiaro diventò scuro e l'allegro diventò triste. Virginia non vuole vedere nessuno, neanche le sue amiche. E il suo malessere le prosciuga anche le parole. La cosa che forse la consolerebbe, la farebbe sentire un po' meglio sarebbe volare, volare verso un luogo dove la malinconia non esista, dove ci siano tanti dolcetti glassati, fiori e alberi per arrampicarcisi sopra. Questo posto è Bloomsberry. E dov'è? Nessuno lo sa. Forse ognuno ha il proprio Bloomsberry. Quello di Virginia è ora dipinto sulle pareti della sua stanza. Con i suoi colori e i suoi pennelli l'affettuosa sorella, Vanessa, ha inventato per lei Bloomsberry, disegnando boccioli di caramelle tra germogli verdi e dolcetti glassati. Il vento a Bloomsberry era silenzioso e c'era una scala che arrivava alla finestra per andare su se ti senti giù e c'era anche un'altalena...


Virginia, al suo risveglio, comincia a dipingere accanto alla sorella: un grande campo perché ai lupi piace correre in giro e poi uccelli turchesi e lumache grigie e farfalle viola. E in tal modo il giù ridiventò su, lo scuro chiaro e il triste di nuovo allegro.
Virginia è diversa ora, sta meglio e quell'ombra scura che le dava quel profilo da lupo è del tutto scomparsa...

Avere un lupo dentro: non credo che si possa trovare definizione migliore per raccontare quel sentimento che è l'insieme di malinconia, rabbia, malumore e tristezza. Quel disagio che ogni tanto ci assale e ci fa ululare verso gli altri, che ci fa desiderare la solitudine e che ci rende muti. Arriva per una ragione che spesso non siamo neanche in grado di delineare con chiarezza, ma arriva. E allora i toni diventano duri, gli sguardi si evitano e c'è il silenzio nei confronti quelli che cercano uno spiraglio per poter entrare in contatto con noi.
Ma poi arriva l'immaginazione a salvarci e a portarci fuori di lì (Il Bloomsberry che Virginia va cercando suona un po' come il Bloomsbury, circolo di artisti fondato nell'omonimo quartiere di Londra dalle due sorelle Stephen, in arte Virginia Woolf e Vanessa Bell).



Liberamente ispirato al rapporto di sorellanza che legò Virginia Woolf con la sorella Vanessa, pittrice, in questo albo, l'io narrante, Vanessa, assiste al malumore crescente di Virginia e al principio non riesce a porvi rimedio: la sorella ha chiuso 'quasi' del tutto i canali di comunicazione. Ma uno spiraglio nel suo muro che la tiene lontana dagli altri c'è ed è in quello che Vanessa si intrufola e affettuosamente offre uno 'scenario' di fuga per la sorella. Uno scenario fatto di cura ed attenzione, fatto di colori e di cose amate. Quello che Vanessa dipinge intorno al malumore di Virginia ha il sapore di una mano tesa che l'afferri e la riporti al di qua di quel muro (vi ricordate Lo stralisco?).

Storia delicata e profonda, assai raffinata nella prospettiva di lettura, tradotta splendidamente da Beatrice Masini che dimostra ancora una volta la sua penna felice nella capacità di essere lieve nel lessico, pur dovendo raccontare un tema impegnativo. Isabelle Arsenault, appena vista in Jane, la volpe ed io, perfetta nella costruzione dell'albo, fatto di scelte anch'esse di grande eleganza, dal gioco fatto su alcune parole chiave sottolineate da un tratteggio all'uso del nero e della matita cui si contrappone la ricchezza del colore.


Carla

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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SE SON FIORI, ROS(S)ERANNO

La lingua in fiamme,Fabian Negrin
Orecchio acerbo 2014


POESIA

Bellissimo.

Ho perso una scarpa.
È scomparso il cappello.
Non trovo la sciarpa.
Hai visto il mio ombrello?
Ho perso gli occhiali.
Avevo un cappotto?
Non trovo i miei guanti.
Vado nudo, mi son rotto.
Ma adesso che le guardo
ho bellissime ginocchia.
E belle sono anche
cosce, natiche e capocchia
Mamma mia quanto sono bello!
E tutti i passanti (adesso lo noto)
mi osservano proprio per quello.
Chi vuoi si renda conto
che non porta il cappello
un uomo tanto, tanto bello?


Bellissimo, come spesso accade, è l'ultimo libro di Fabian Negrin.
Sette poesie e una decina di nonsense, un unico colore per le illustrazioni sulle pagine avorio, il rosso, quello stesso rosso delle pagine con i testi.
Il rosso che, dato a brevi pennellate riassuntive, come se fossero timbri esausti, sembra alludere alle sanguigne rinascimentali, sfumate il più delle volte al fine di conferire l'effetto di non finito.
Il rosso che nasce da una lingua in fiamme.
Un lingua, l'italiano, nelle mani di un argentino d'importazione. E questo è il raffinato risultato. Un'ironia sottile di chi ha guardato la lingua italiana nelle sue pieghe più nascoste e ha saputo coglierne, con occhio scaltro, i doppi significati -e penso ad anche oppure a porci o a Marina che marinala scuola- o ancora i cambi di accento di un capitano cui capitano cose, mentre la nave affonda, o ancora i cambi di vocale tra frettae frutta, tra segnoe sogno gli anagrammi su gli sciacalli in chiusura, o quelle stelle che parevano amore e invece ora somigliano semplicemente a more...
Negrin si è divertito negli anni a raccogliere in un cassetto giochi di parole e nonsense che a Edward Lear e a Toti Scialoja fanno subito pensare, ma accanto a questo materiale, si sono aggiunte anche sette poesie. 
 

Sul filo dell'assurdo, piene di meraviglia, le sette poesie solleticano il nostro immaginario e raccontano tra parole e immagini la passeggiata di un vanesio, la noia di un bambino che aspetta qualcuno che lo venga a chiamare per giocare, l'attesa della moglie del mare, il cui arrivo si annuncia ogni sera con quell'acqua che filtra sotto la soglia. E poi c'è Marina, che va a scuola (colta l'ironia?) e, come in un gioco di scatole cinesi, entra in una poesia che contiene una ragazzina proprio come lei che entra in una poesia che contiene ancora un'altra ragazzina...per poi svanire.
Ma su ogni cosa vince il guizzo crudele di quella bimbetta, marilyn, capace di baciare un ragazzino e tenerne un altro per mano, cotto di lei che la guarda inebetito, con un fiore in dono, e aspetta...


DIAMANTI POCHI DI AMANTI TANTI!

Qui c'è tutto il mio Negrin preferito.

Carla

ECCEZION FATTA

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LA GRANDEZZA NASCOSTA

I ricordi più recenti, e comunque lontani, consegnano l'immagine di mia madre fragile, le mani così minute, gli occhi a tratti liquidi, la delicatezze estrema di un corpo molto provato. Ma di lei oggi, a vent'anni dalla morte, voglio ricordare qualcos'altro, l'eredità non quantificabile di chi ha scelto di vivere nell'ombra. Ma ricordare senza retorica e senza violare l'intimità dei sentimenti è molto difficile. Ancora di più lo è quando si vuole raccontare chi ha scelto la vita familiare come luogo d'elezione della propria esistenza.

Lei, mia madre, era così, riservata, restia a qualsiasi manifestazione ed esibizione pubblica. E nella luce della nostra casa mi ha iniziato alla lettura. Lei, fine letterata ed instancabilelettrice ad alta voce, portatrice di una cultura non accademica, fatta di studi e di letture appassionate, che travalicavano gli steccati della tradizione. Lei mi ha portato per mano facendomi perdere nel mondo delle fiabe prima e poi immergendomi nei mari procellosi dei romanzi d'avventura; il luogo era il lettone, e abbiamo passato lunghi pomeriggi a leggere ed immaginare Sandokan e Yanez, Long John Silver, Buck e altri personaggi memorabili.
Cresciuta, ha cominciato a 'passarmi' i romanzi che di volta in volta sceglieva dalla libreria di casa, la narrativa e il teatro americani, da Steinbeck a Faulkner a Tennessee Williams. Passione che ancora coltivo. E poi i grandi romanzi dell'Ottocento, mentre cominciavo da sola ad avventurarmi in pericolose escursioni personali, verso Pavese e la letteratura sudamericana. Non disdegnavamo, e non disdegno nemmeno ora, la narrativa di genere.
Di libro in libro, di impressioni e commenti, citazioni, pescando dai classici antichi fino all'ultimo romanzo del momento, il nostro dialogo era soprattutto qui. Quando mi vedeva persa in un nuovo libro, mi apostrofava così: Insomma, tanto s'immerse nelle sue letture, che passava le nottate a leggere da un crepuscolo all'altro, e le giornate dalla prima all'ultima luce; e così, dal poco dormire e il molto leggere gli si inaridì il cervello in maniera che perdette il giudizio (”Don Chisciotte della Mancia”, M. Cervantes, trad.V. Bodini, Einaudi 1957)
Nel prendermi amorevolmente in giro, in fondo, disegnava un destino, una vita passata fra le parole e le immagini dei libri.
Ad un certo punto, quando ho fatto della lettura uno strumento del mestiere, sono stata io a passarle dei libri da leggere, per avere la sua opinione, sempre lucida e brillante.


Di lei, della sua intelligenza, della sua cultura sappiamo solo noi, noi figli, che l'abbiamo saccheggiata: lei che traduceva, ripeteva, ascoltava, seguiva ogni passo dei nostri studi.
E lo sapeva Gioriz, compagno di una vita intera, che si commuoveva parlandone. E, io, adolescente con qualche vezzo di cinismo, mi stupivo di tanta reciproca dedizione. Mi sembrava potesse appartenere solo al mondo dorato e inconsistente delle fiabe.
Dopo vent'anni di silenzio e di ricordi, voglio ringraziarti:di questa grandezza nascosta, di questa misurata riservatezza, di questa intelligenza ironica e, nello stesso tempo, partecipe; della forza e del coraggio di una vita difficile, della sensibilità e anche della grande fragilità, che ha segnato soprattutto gli ultimi anni della tua vita.



Eleonora





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TONDI DI CATRAME

Questa torta non riesco a chiamarla ‘di cioccolato’ perché ha la consistenza del catrame; non che io abbia mai toccato il catrame, ma capita per strada di vedere operai al lavoro per rattoppare l’asfalto e l’unico paragone possibile per definire la sua consistenza finale è quella.
Mi rendo conto che non viene voglia di mangiare una torta di catrame né tanto meno di prepararla, ma penso che gli appassionati di cioccolato possano capire: è una droga!



Gli ingredienti sono:
400 gr di cioccolato fondente (almeno 70% di cacao)
250 gr di burro
6 uova
200 gr di zucchero
100 ml di acqua

Mettete il cioccolato e il burro a pezzetti piccoli in una grande ciotola.
In un pentolino portate a ebollizione zucchero e acqua, quindi versate lo sciroppo ottenuto su cioccolato e burro e mescolate fino a ottenere un composto cremoso. Se non si sciogliesse bene il cioccolato mettete la ciotola a bagnomaria e fate finire di sciogliere.
Una volta raffreddato il tutto, incorporate uno alla volta i tuorli.
Montate a neve fermissima gli albumi insieme a qualche goccia di succo di limone.
Unite con grande delicatezza gli albumi montati alla crema di cioccolato.
Versate due terzi del composto in una teglia imburrata (diametro 25 cm) e infornate per 40 min a 170 °C.
Fate raffreddare nella teglia.
Infine versate sopra la torta il composto cremoso rimasto.
Rimettete in forno sempre a 170 °C per 25 minuti.

Io ho poi ritagliato dei tondi che ho messo direttamente nei piatti da portare a tavola. Inoltre ho aggiunto (per non farci mancare niente) una piccola siepe di panna montata (ma senza zucchero!).

Lulli


LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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TOPO!
Max il coraggioso, Ed Vere
Rizzoli 2014


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni) 

"Max è un gattino intrepido. Max è un gattino coraggioso. Max è un gattino che vuole solo dare la caccia ai topi.
Max il Coraggioso deve solo scoprire come è fatto un topo... e poi potrà dargli la caccia!"


Max spesso deve portare un bel fiocco come collare, ma lui preferirebbe un bel mantello da supereroe. Max si sente un supereroe, sulle tracce di quello che gli hanno detto essere il suo più acerrimo nemico: Topo, con la T maiuscola.
Lo cerca in lattine aperte in cui c'è solo una mosca che ronza, nella boccia del pesce in cui c'è solo il pesce, ovviamente. Lo cerca sull'albero ma anche lì ci sono solo gli uccellini. A tutti coloro cui domanda se siano loro Topo, essi rispondono sempre con lo stesso ritornello: no, loro non sono Topo ma hanno appena visto Topo fuggire.
Se un topo non lo si è mai visto, non è poi tanto facile identificarlo. Nessuno di quelli incontrati ammette di essere Topo, e neanche Topo lo fa. Perfido bugiardo, e anche opportunista, Topo, per salvarsi la pelle, indica a Max il Coraggioso un mostro che dorme dicendogli che quello è Topo. Finalmente lo ha trovato! Ma ben poco potrà Max il coraggioso, contro quel gigante, disturbato nell'ora della siesta.
Inghiottito e poi risputato dal mostro, Max capisce che dare la caccia a Topo non è avvincente come lo descrivono.
E poi, in fondo in fondo, non è sempre così necessario essere in guerra con qualcuno sebbene sia divertente cacciare mostri, anche se sembrano in tutto e per tutto topi...

Tutti uguali i Topi: perfidi bugiardi! Chi non ricorda il perfido bugiardo Topo nella storia del Gruffalò? Che per salvarsi la pelle aveva giocato d'astuzia con serpenti, volpi e civette...
Tutti uguali i gatti: un po' vanesi, molto visionari, orgogliosi e volubili. Chi non ha mai visto almeno una volta un gatto inseguire senza successo imprendibili farfalline credute pericolosi uccellacci e poi, di punto in bianco, girarsi su sé stessi e tornare a dormire, come se nulla fosse mai successo?...
È proprio vero che la storia si ripete.

Su fondi di accesi colori, ogni foglio diverso, dal rosa al giallo, passando per vari toni di verde, il nostro piccolo protagonista campeggia sulla pagina semi deserta, quasi sempre al centro del foglio, e da lì ci guarda con due occhi gialli fuori misura e leggermente spiritati, proprio come hanno i gatti quando, a caccia, si sentono padroni dell'universo.
Piccole raffinatezze nella costa del libro e nella copertina, quel volo di mosca segnato dal percorso in lucido che si ritrovano anche all'interno in un disegno che sa essere nel contempo classico e modernissimo in certe soluzioni che tendono alla sintesi, alla stilizzazione e al modello ripetuto. In questo senso la pagina con gli uccelli sui rami di un albero, che ricorda un reticolo da vetrata di cattedrale più che una quercia qualsiasi, appare emblematica. E lo stesso può dirsi per gli uccellini che al pari del nostro piccolo Max, fanno tanto d'occhi nel vederlo.
Ed Vere ancora una volta ronza attorno alle false apparenze con i suoi personaggi consueti dai grandi occhi spalancati: un mostro verde verde dalle improbabili unghione rosa, un topo furbo.
Ci piacerebbe molto che in Italia arrivassero anche gli altri suoi albi, pieni di colore e di british humor.


Carla



FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

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CONIGLIO NERO
Ecco qui un buon emulo di Stephen King, Kevin Brooks con il suo L’Estate del ConiglioNero, pubblicato da Piemme nella collana Freeway, che pubblica narrativa di genere dedicata soprattutto agli adolescenti, o quasi. Questa è una di quelle collane che fanno impazzire i librai, perché sono, come dire, di frontiera, al confine fra un genere e altro, fra una fascia d’età e l’altra. E questo romanzo esprime in pieno questa ambiguità e questa difficoltà di collocazione. Indiscutibilmente a tinte forti, con allusioni al sesso, alla droga e all’alcol, ma nello stesso tempo privo delle connotazioni tipiche dell’horror, o del realismo esplicito di molti romanzi di genere e non. Dunque un romanzo per ragazzi, dai quattordici anni in poi, ma godibile anche per un adulto. La trama è presto detta, un gruppo di ragazzi , un tempo, amici, si ritrova prima della partenza di due di loro. A questa serata speciale partecipano il protagonista, Pete, e il suo amico del cuore Raymond, da tutti considerato uno ‘strano’, che vive isolato dagli altri, convinto di conversare con il suo coniglio nero. La serata, fra oscuri presagi, finisce in un luna park e nel corso della notte due ragazzi spariscono, Raymond e Stella, una giovane star anche lei ex compagna di scuola del gruppo. Stella viene ritovata morta, Pete fa le sue indagini parallele per trovare e proteggere Raymond. Le indagini mostrano però quanto le loro vite siano lontane dall’infanzia, quanto siano cambiati e quanto siano pieni di segreti.
Al di là del ritmo serrato, che sostiene con facilità le quattrocento pagine, al di là dell’atmosfera coinvolgente, fra il thriller e il mistery, ho trovato efficace la descrizione di quel difficile momento in cui ci si ritrova improvvisamente grandi, ci si lasciano alle spalle le modalità infantili e si entra nel mondo reale, dove ogni errore si paga in prima persona. Mi ha ricordato, per certi versi, L'estate del coprifuoco di Daniel Kraus, uscito tre anni fa. Tutte le dinamiche riguardano il cerchio di adolescenti, il mondo adulto non comprende quello che succede, i genitori scoprono di non conoscere veramente i propri figli. Il protagonista, che caparbiamente ignora le raccomandazioni paterne, deve affrontare la paura, i suoi stessi errori per arrivare allo scioglimento del nodo che racchiude la verità.
Al centro del romanzo, l’amicizia fra il protagonista e Raymond, il ragazzo perso nel suo mondo ‘parallelo’; mostra come sia un sentimento fondante dell’adolescenza e, potrei dire, ben oltre. Pete è molto protettivo nei confronti del suo amico d'infanzia, è forse l'unico a non considerarlo un ritardato e magari condivide con lui la capacità di ascoltare i conigli. Nel nome di questa forte amicizia, vengono superati i limiti del consueto, del buon senso e anche della legge, come si conviene al mondo ribelle dell'adolescenza.
Eleonora
“L’estate del Coniglio Nero”, K. Brooks, Piemme 2014


LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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QUASI TUTTO, MA NON TUTTO
Cose che capitano, Isol
Logos 2014



ILLUSTRATI per MEDI (dai 6 anni)

"Se avessi i capelli lisci sarei più carina
e invece no.
Se avessi un cavallo andrei a scuola al galoppo
e invece no."



Bambini e desideri, che coppia!
Intendiamoci, non che da grandi si smetta di desiderare, però la maggior parte delle persone impara a regolare 'lo sfiatatoio' del desiderio in base alle molte variabili che ci mette davanti la vita...Un bambino, no. Lui ha lo sfiatatoio con apertura massima. E meno male.
Questa bambinetta, infatti, è lì che vorrebbe, vorrebbe, vorrebbe e le capita un'occasione più unica che rara: le si palesa davanti un genio (brutto assai, va detto) che le comunica che, visto l'alto numero di desideri da lei espressi nell'ultimo mese, ha diritto ad esprimerne uno, e soltanto uno, che lui in persona esaudirà, seduta stante.


Uno? Solo uno? Quale scegliere? Scatta a questo punto la sensazione che ogni 'desideratore professionista' conosce assai bene: il panico da scelta. E se dimentico? E se mi pento? E se mi rimbecillisco mentre scelgo? AIUTO! Ma la soluzione è lì a un passo, basta volere TUTTO! Purtroppo nel catalogo del genio questa parola manca: timpano, topo, torta, triciclo...C'è quasi tutto, ma non Tutto! Quindi, vista la fretta, il genio decide di darle ciò che ha sottomano, un bel coniglio grigio. In fondo è carino, anche se, magari, se fosse stato azzurro...



Isol, Isol, fortissimamente Isol.
Quando l'anno passato seppi che aveva vinto il premio Astrid Lindgren, fui molto contenta perché a me lei è sempre piaciuta molto, anche quando in Italia erano in pochi ad apprezzarla e i suoi libri circolavano quasi solo in Latino America.
Di Isol apprezzo lo sguardo disincantato, alle volte persino cinico, con cui racconta i molti limiti dell'umana specie. Sempre graffiante, come sono anche i suoi disegni, lontani da ogni leziosità, di lei mi piace la prospettiva di lettura del mondo. Il suo umorismo, talvolta anche amaro, rende le sue storie inaspettate, destabilizzanti. E in questo senso i suoi libri aprono sempre scenari nuovi su cui ragionare con i bambini.
Con un segno di matita che va veloce, che il più delle volte appare impreciso, riesce a mettere sul foglio sempre grandi temi. Lo spunto di partenza è sempre una risata, ma poi, come se la sua matita fosse un bisturi, taglia in profondità a voler guardare senza paura ciò che c'è dentro, senza mai distogliere lo sguardo.
E a proposito di sguardo, in quello di Isol mi pare di vedere il guizzo imprendibile e scanzonato di una ragazzina un po' monella, quale credo che lei sia.

Carla

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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AD ALTEZZA BAMBINO

Vita da cani, Isol
Logos 2014


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Piccolo mio, se fossi un cane ti piacerebbe riempirti di fango nelle pozzanghere e correre abbaiando dietro alle auto [...] Se fossi cane faresti la pipì contro gli alberi e i bambini a scuola ti monterebbero in groppa..."

Tutto è nato da questa domanda: Mamma, tu come fai a sapere che io non sono un cane?
Anche se potrebbe sembrare una domanda assurda, visto come andranno le cose nella storia, ci appare più che legittima.



Per due ragioni principali.
La prima: i bambini, che hanno la fortuna di poter condividere la loro infanzia con un cane, spesso pensano in cuor loro di essere fratelli o sorelle del loro cane. E, in qualche modo, lo sono anche.
La seconda, derivante in modo diretto dalla prima: di fatto i bambini fanno un sacco di cose come i cani. Basta guardarli: leccano, spesso e volentieri, corrono nei prati senza apparenti motivi di urgenza, amano rosicchiare (i bastoncini di liquirizia i primi, i legnetti e le pigne i secondi) e cose così.
Ed per queste ragioni che cane e bambino costituiscono un connubio perfetto.
Cani e bambini si vogliono bene, va da sé.


Il primo libro di Isol, che risale al 1996. Messo a confronto con gli altri suoi libri successivi, è decisamente il meno felice. Il segno è ancora duro e troppo confuso, ma la storia già ci annuncia la strada che prenderà la giovane argentina, che la porterà a vedere il mondo ad altezza bambino (non distante dall'altezza cane, se ci pensate).

Carla

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

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METAFISICA DEI CAPELLI ARRUFFATI


Ancora Isol, fortissimamente Isol, questa volta per un illustrato dal gusto molto personale. In Segreto di famiglia c'è una bimba che all'improvviso scopre il vero volto, anzi la vera capigliatura della mamma. La notte, non si sa come, trasforma gli adulti, ma non solo loro, in creature scarmigliate in cui è difficile riconoscere l'ordine diurno. La nostra bimba prima scopre che la madre, di giorno pettinata a dovere e ben truccata, è in realtà un porcospino, con i capelli che vanno in tutte le direzioni; poi il suo mondo di certezze crolla definitivamente quando va a dormire dall'amichetta Elisa e scopre che tutta la sua famiglia, di prima mattina, diventa un'orda di arruffatissimi e sonnolenti orsi.



Da questa breve storia si possono trarre alcune interessanti considerazioni; buon consiglio per tutti i bambini/e, non spiate dal buco della serratura, non alzatevi troppo presto, potreste incontrare i vostri genitori prima che prendano forma umana. Secondo, consiglio non richiesto alle mamme: basta un niente e il castello della presentabilità se ne va in frantumi. Tutte le mamme che la mattina portano a scuola i bimbi, ben attente al loro apparire, sappiano che basta davvero poco perché i pargoli disvelino la messa in scena. In realtà siamo tutti dei poveri porcospini, o orsi o qualsiasi altro essere arruffato, che affronta una nuova difficile giornata.
Questo breve racconto illustrato, di qualche anno fa, guarda con simpatia alle metamorfosi che la vita sociale ci impone e usa lo sguardo infantile per svelarne l'inganno, si sorride degli sforzi quotidiani per trasformarsi da animali selvatici in esseri civilizzati, ma senza cattiveria. Al termine del libro, si invitano i piccoli lettori a giocare con le immagini ferine della propria famiglia.


Chi non ha vissuto l'esperienza traumatizzante del vedersi allo specchio di prima mattina?
Per quanto mi riguarda da tempo mi guardo con molta cautela, e mi sento ben rappresentata dalla meravigliosa Mafalda di Oggi mordo. D'altra parte, potrei dire, che quei capelli ingarbugliati corrispondono perfettamente al garbuglio dei pensieri.



Eleonora

Segreto di famiglia”, Isol, Logos 2014

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VARIAZIONI SUL TEMA

Non mi sarebbe mai venuto in mente di preparare un dolce usando il rabarbaro, che conoscevo soltanto come radice dal potere digestivo, ma la mia compagna del corso di pasticceria, Monica, con madre tedesca, mi ha chiesto di cercarle questo ingrediente in un fornitissimo banco di un famosissimo mercato di Roma, e inoltre mi ha proposto di cucinare insieme due torte dolci di ascendenza germanica.
Cucinare in compagnia è una delle mie grandi passioni e quindi abbiamo passato un pomeriggio a replicare le ricette che vi scrivo.
La prima è il Dolce al rabarbaro con meringa.

 
 
Ingredienti:

500 gr di farina tipo 1
250 gr di burro
250 gr di zucchero
3 tuorli
scorza grattugiata di un limone
1,5 kg di rabarbaro

Per la meringa:
3 albumi
150 gr di zucchero

Preparate un frolla con farina, burro, zucchero, tuorli e scorza di limone. Mettetela a riposare in frigo per circa 1 ora.
Lavate il rabarbaro, asciugatelo e spellatelo partendo dall’alto verso il basso. Tagliatelo in barrette lunghe circa 5 cm. Mettelo in una ciotola con una spolverata di zucchero in maniera che perda l'amaro (come le melanzane con il sale).
Preriscaldate il forno a 200 °C.
Stendete la frolla a misura della teglia (noi abbiamo usato una teglia rettangolare di 34 x 28 cm), bucatela più volte con una forchetta e ricopritela con il rabarbaro. Come si può vedere dalla fotografia noi abbiamo fatto dei quadrati mettendo le barrette prima in un senso e poi nell'altro.
Infornate per 30 minuti.
Montate a neve fermissima gli albumi e aggiungete lentamente lo zucchero.
Riempite un sac à poche con il composto di albumi.
Fate raffreddare leggermente il dolce e poi formate sulla superficie una griglia di meringa.
Infornate per altri 10 minuti fino a quando la meringa non si colora leggermente.

La seconda ricetta ha un titolo spartano: Dolce al rabarbaro


Questi gli ingredienti:

200 gr di farina tipo 1
100 gr di burro
225 gr di zucchero
1 pizzico di sale
3 uova
750 gr di rabarbaro
200 gr di formaggio quark
scorza grattugiata di un limone

Con la farina, il burro, 75 gr di zucchero e un uovo lavorate una frolla che farete riposare in frigo. Lavate il rabarbaro, pelatelo e tagliatelo in barrette da 3 cm, cospargetelo con altri 75 gr di zucchero e lasciarlo riposare per almeno 30 minuti in maniera che perda l'amaro.
Preriscaldare il forno a 200 °C.
Con la frolla stesa non troppo sottile rivestite una teglia da 26 cm di diametro.
Fatela cuocere in bianco (ovvero mettete sulla pasta un foglio di carta da forno e ricopritelo con fagioli o altri legumi in maniera che non cresca) per 15 minuti.
Mettere i blocchetti di rabarbaro sulla base: noi li abbiamo disposti a raggiera.
Sbattere il formaggio quark con lo zucchero residuo, le uova e la scorza di limone.
Versatelo sul rabarbaro.
Infornate per 35 min circa e – a dolce raffreddato – spolverizzate (a piacere) con lo zucchero a velo.

Il sapore di entrambe le torte è ottimo, un miscuglio piacevole di acidulo dato dal rabarbaro e di dolce della frolla e della crema. Io preferisco la prima che mi piace anche visivamente per la possibilità di comporre motivi geometrici e per il colore rosato dei blocchetti che rimangono a vista.

Lulli



LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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BELIEVE IN FAIRIES,CREDI SEMPRE NELLE FATE!

Ho una fata accanto, Lewis Carroll
Motta Junior 2014


POESIA

LA MIA FATA
Ho una fata accanto che dice:
"Non si può pisolare!";
quando piango dal male lei afferma:
"Non si può singhiozzare".

Se sorrido felice, lei esclama:
"Non si può ridacchiare";
se mi verso del gin, lei minaccia:
"Non si può sbevazzare".

Quando prendo un biscotto lei esplode.
"Non si può sgranocchiare";
quando faccio la lotta mi avverte:
"Non si può malmenare."

Sono stanco di tutto e le ho chiesto:
"Cosa posso mai fare?"
La fatina ha risposto tranquilla:
Non si può domandare".

Morale: NON SI PUÒ

Lewis Carroll alle prese con una fata piuttosto seccante. Questa, tra altre quattordici, è la poesia che conclude questo bel libro.
Carroll, nei suoi libri di Alice, ci ha educato ad un linguaggio raffinato pieno di bellissimi giochi di parole o nonsense e anche in questa antologia di sue poesie, finora inedite in italiano e così ben tradotte, torna la stessa vena giocosa.


Tra queste un inno alla puntualità da leggere a tutti i ritardatari che ci perseguitano
È meglio arrivare un po' prima
dell'ora fissata;
entrare al minuto spaccato
è una mossa azzeccata.

Altrettanto utile è l'articolato vademecum per vivere felice. Poche regole ma chiare: svegliarsi presto la mattina, passeggiare per due ore, invitare a cena gli altri, non toccare mai il caffè e non mangiare la pancetta. E la birra, sempre chiara. Non tuffarsi se sia ha paura.
Il tema dei fratelli torna e ritorna. In entrambi i casi è alto il livello di scontro. Se da una parte c'è un fratello che è in cerca della pentola adatta per 'stufare' la sorella, dall'altro ci sono due monelli che decidono di andare a pescare. Peccato però che uno sia il pescatore e l'altro l'esca. Neanche una sorella giudiziosa può nulla di fronte alla crudeltà dell'uno e alla 'mollezza' dell'altro.

Un altro bel titolo nella collana Il suono della conchiglia, curata da Teresa Porcella per Motta Junior. Un'altra buona occasione per mettere in contatto i più piccoli con grandi autori classici, come era già successo con Neruda (La casa delle odi) o Emily Dickinson (con Non c'è nave che possa come un libro).
Resto perplessa sulle illustrazioni: Sanna, che di norma mi piace molto, qui non mi pare sempre convincente e sembra patire il libro di piccolo formato.

Carla

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

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CACCIATORI DI NUVOLE


Viaggi, avventura, amore, tre ingredienti non molto frequenti nei romanzi per ragazzi. Ha tentato l'impresa Alex Shearer con Cacciatori di nuvole, uscito recentemente con Salani. L'ambientazione è originale, un mondo su cui i terrestri sono emigrati tanto tempo prima, fatto di isole galleggianti nell'aria, così densa da essere una sorta di mare gassoso. Ogni isola ha le sue popolazioni, i suoi usi e costumi più o meno stravaganti. L'acqua necessaria alla vita viene estratta dalle nuvole e a compiere questa operazione provvedono una sorta di nomadi del cielo, i cacciatori di nuvole, che si spostano nell'immensità dello spazio cercando cirri e cumuli in formazione. Christien, l'adolescente protagonista della storia, è un ragazzo di buona famiglia, 'terrestre', che a scuola conosce Jenine, una giovane cacciatrice di nuvole e, all'inizio inconsapevolmente, se ne innamora. Chiede quindi di poterla seguire in uno dei viaggi della sua nave, durante le vacanze estive. Ottenuto i permesso da entrambe le famiglie, la sua e quella di Jenine, parte per un'avventura che avrà molti lati imprevisti.
Il viaggio è una componente essenziale di questo romanzo e con esso l'attrazione verso l'ignoto, la scoperta di luoghi inesplorati. Grande attenzione viene attribuita alla descrizione dei vari popoli che hanno colonizzato le diverse isole, un meltingpot pittoresco di etnie, con l'esasperazione retorica dei molti difetti umani; fra i tanti, l'attenzione maggiore è rivolta, ovviamente, ai nomadi del cielo, un po' pirati, un po' mercanti, ma essenzialmente viaggiatori, senza confini e senza governi.
L'altro aspetto importante è dato dall'avventura nel senso più tradizionale, con agguati, salvataggi, animali misteriosi e letali; anche qui si crea una sorta di zoologia fantastica e, il più delle volte, minacciosa, con meduse velenose gigantesche che sovrastano le terre abitate, squali celesti e parassiti dalle dimensioni inconsuete.
E, infine, la scoperta dell'amore. Non delle prime esperienze adolescenziali si parla, ma di quell'amore che cambia la vita e la cambia per sempre, al di là delle scelte che i due protagonisti compiono. La descrizione della presa di coscienza del giovane Christien non è banale, al contrario propone al lettore una problematica interessante, un amore forse impossibile fra due persone appartenenti a culture diverse, eppure legate da un sentimento profondo.
Certo, non c'è qui la poesia e la densità di contenuti che ci aveva meravigliato in Il Segreto d'Orbae, ma alcuni temi ricorrono. Interessante la proposta di un romanzo d'avventura con un'ambientazione fantastica, ma che sfugge ai canoni della narrativa fantasy, con espliciti riferimenti anche al mondo presente e alle sue contraddizioni.
La struttura narrativa è coerente, ma l'azione un po' lenta e potrebbe scoraggiare i lettori più pigri. Eppure i colpi di scena non mancano, c'è la giusta suspance e una storia d'amore non banale, tutti elementi che possono attrarre ragazzi e ragazze a partire dai dodici anni.

Eleonora


Cacciatori di nuvole”, A. Shearer, Salani 2014




CORTESIE PER GLI OSPITI (libri preferiti da altri)

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IL TOCCO DELL’ARTISTA

The Artist and the King, Julie Fortenberry 
Alazar Press 2013

La piccola e riccioluta Daphne ritrae incautamente il re. Lo rifà pari pari, col faccione solcato da folte sopracciglia. Tradotto nel suo linguaggio da pittrice in erba, come si addice a un vero artista, Daphne ne coglie in realtà l’essenza burbera e vagamente stralunata. Ma un soffio di vento dispettoso si diverte a strapparle il foglio dalle mani, facendolo planare esattamente sul volto minaccioso del sovrano… Che non si piace affatto e reclama al suo cospetto l’autore di quella che a lui pare un’irriverente caricatura. Daphne avanza con coraggio, minuscola ma franca, rivendica la paternità dell’opera e subisce l’onta di doverla indossare per punizione, trasformata in un ridicolo cappello a cono. 


Ma un artista è un artista e allo sgomento iniziale subentra l’istinto di trasformare la penitenza in occasione di gioco e creatività… Dapprima s’ingegna a indossare in modo alternativo il grottesco cono di carta, poi realizza che basta qualche sapiente tocco di passamaneria colorata e quel coso scipito e fuori misura diventa un’impalcatura graziosa e persino civettuola. 


A quel punto, rapita dall’estasi della modista, Daphne passa al contrattacco e sforna coni su coni sormontati da ogni genere di decoro, pizzo e lustrino, apre bottega e smercia a una folla di sudditi divertiti copricapo variopinti, irresistibili, le dernier cri in fatto di cappelli.


Naturalmente però, un re è un re. Non è uno stupido e se dalla loggia contempla un brulicame di coni arcobaleno che sormontano baldanzosi il capo del volgo… ci vuol poco a capire che qualcuno lo ha gabbato. Poco importa se, inforcato il cavallo per ispezionare il reame facendo un supplemento d’indagine, s’imbatte in un vero esercito di eleganti coni capeggiati dalla sua primogenita. Con voce stentorea la minaccia di essere bandita dal regno se non si toglierà quell’affare dalla testa.

Ma qualcosa è cambiato. Un intero popolo è stato soggiogato dalla grazia e dall’allegria contagiosa dei cappelli di Daphne, la minaccia solleva gli animi e induce alla diaspora, i sudditi in massa abbandonano l’abitato per ritirarsi nei boschi in segno di protesta. Colpo di scena, fa loro seguito anche l’esercito regale, un vero e proprio ammutinamento!
Dopo tanto sconquasso, nel silenzio della città fantasma, si leva un singhiozzo lamentoso. Il re piange, solo e sconsolato. Piange a calde lagrime il corpacciuto sovrano, mentre la piccola Daphne gli si fa dappresso e quasi quasi si scusa per aver creato tutto quel pandemonio ritraendolo scioccamente. Ma il pianto catartico ha emendato il re dalle sue arroganti pretese, si scusa a sua volta, si duole di aver perso la figlia. L’artista modista allora lo scuote, lì a terra c’è un cono magnifico, azzurro, sormontato da un’aristocratica piuma e accompagnato da un amoroso biglietto. Lo ha perso la principessa in fuga, ma era proprio un dono per lui!


Tutto è bene quel che finisce bene, Daphne scorta il re fino alla foresta per indurre bonariamente il popolo a tornare a casa e un corteo di facce allegre, sormontate da cappelli svettanti, si riporta sui suoi passi all’insegna della pace e dell’allegria. Tra l’arte e il potere lo scontro può essere duro a volte. Ma la storia insegna che in questi casi a vincere non è quasi mai il più forte…
Piccolo racconto per mano di Julie Fortenberry, autrice di libri per bambini e blogger appassionata, popolare tra gli addetti ai lavori negli Stati Uniti... Mi è arrivato in questi giorni con una dedica e un cono di carta da indossare. E non ho potuto resistergli. 

Daniela Tordi






FAMMI UNA DOMANDA!

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IL FASCINO DISCRETO DEGLI SCHIFOSETTI

 
















Gli 'schifosetti' sono i protagonisti di una nuova collana edita dalla Casa editrice Salani e rivolta a bambini fra i 5 e i 7 anni che abbiano una predilezione, ma proprio forte, per gli invertebrati. Ovvero animaletti piccoli e, appunto, schifosetti, che molti adulti detestano cordialmente. Ma i bambini, si sa, sono di larghe vedute e adorano scandalizzare le zie e le nonne mostrando loro qualche simpatico cadaverino di insetto o un bel lombrico appena emerso dalla terra.

Proprio a questi bambini, pieni di curiosità e privi di eccessivi pregiudizi, sono rivolti questi due titoli: La mosca e Il verme. Per raccontarli l'autrice canadese, Elise Gravel, ha evitato accuratamente le descrizioni analitiche e le riproduzioni fotografiche che spesso accompagnano i libri di divulgazione. Non ha nemmeno seguito la strada del disegno realistico, da naturalisti in erba, percorso seguito, per esempio nella belle collana degli Inventari.

Il disegno di questi piccoli libri, meno di trenta pagine, punta piuttosto sull'ironia, umanizza gli innominabili animaletti, descrive i concetti espressi nello stringatissimo testo anche grazie alle vignette. Ma le informazioni ci sono e con tutta probabilità verranno memorizzate con grande efficacia dai bambini e dalle bambine che sfoglieranno queste pagine. Il linguaggio, per quanto usi metafore umanizzanti, è in realtà preciso, che la mosca sia un dittero e che ci siano 100.000 specie di mosche è detto con chiarezza.

Non è il primo tentativo di affrontare argomenti informativi utilizzando la chiave ironica e grottesca. Dello stesso editore ricordiamo per esempio le vecchie collane chiamate BrutteScienze, Brutta storia e così continuando, rivolte ad una fascia d'età superiore; così come molti titoli di Editoriale Scienza uniscono precisione di contenuti e modalità di presentazione accattivanti.

Qui la vera innovazione sta nell'aver concepito dei libretti agili, divertenti, privi di effetti speciali, di linguette o di pop up, diretti ai bambini piccoli, anche ai non lettori. Puntano su un elemento di sicuro successo: il fascino discreto e irresistibile degli animali un po' schifosi.


Eleonora



La mosca”, E. Gravel, Salani 2014

Il verme”, E. Gravel, Salani 2014




LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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IL BAMBINO DI EMMANUELLE

Va tutto bene Merlino!, Emmanuelle Houdart
Logos 2014


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)

"Chi ha preso il mio biberon?
Va tutto bene Merlino: è la sirena dal canto argentino!
E chi gioca con i miei cubi?
Va tutto bene Merlino: è il drago dai calzoni arlecchino!
E chi è seduto sul mio vasino?
Va tutto bene Merlino: è un diavoletto un po' birichino!"


Tutto comincia con una tenda a grandi pois che forse nasconde qualcosa. Per definizione, una tenda chiusa è simbolo di mistero. E così comincia questo gioco dello svelamento per il piccolo Merlino. Lo immaginiamo girare per la casa, in tutti i suoi luoghi consueti: la vasca da bagno, la poltrona a fiori, la carrozzina, a scoprire cosaessi nascondano, o forse dovrei dire meglio chi essi nascondano.
Merlino, l'amato bambino dell'autrice con un nome che arriva da un mondo di magia, troverà tutti quei personaggi che popolano le fiabe e, da lì, il nostro immaginario e, da lì ancora, i libri della sua mamma: diavoli, sirene, draghi...Tutti affettuosi e accoglienti.

Émmanuelle Houdart, ancora una volta, racconta con il mondo degli affetti e lo traspone in quello che è il suo mondo figurativo, fatto di personaggi inconfondibili e indimenticabili che sfilano sulle pagine bianche, come vere e proprie apparizioni costruite sulla potenza del disegno, del colore. Il 'popolo' della Houdart è testimone di un mondo quotidiano e al tempo stesso di un mondo fiabesco, di grande forza evocativa.
Un grande coniglio rosa che indossa un soprabito nero a fioroni (se lo trovassi, lo comprerei all'istante) e un paio di Birkenstock modello Arizona (quelli li ho già e tutti ne hanno avuto almeno un paio nella vita) che spinge un passeggino da sinistra a destra della copertina del libro e ha un lieve sorriso sognante nel vedere il piccolo Merlino giocare contento con due foglie che fluttuano nel nulla davanti alle sue mani protese: ecco che il quotidiano si intreccia con il fantastico, come se nulla fosse.


I libri con il cucù sono solitamente libri per piccolissimi e come tali fanno riferimento a un contesto riconoscibile di vita quotidiana: mangiare la pappa, piuttosto che i cubi con cui costruire instabili torri, il vasino e il bagnetto. E in questo contesto fatto di oggetti conosciuti e di consuetudini si inserisce il fantastico. Irrompe con forza attraverso un segno preciso, quasi maniacale nella cura del dettaglio, e trasforma ogni cosa. I personaggi arrivano quasi tutti da un aldilà archetipico di sirene, liocorni o draghi. E ogni cosa è filtrata attraverso l'uso di un raffinatissimo repertorio di textures che possono essere considerate vera a propria sigla di Houdart, al pari del suo uso di corredare i personaggi di piccole corna o alette. Compiaciuti e talvolta ridondanti sono i frequenti richiami interni alle singole tavole: tessuto con i pulcini per il pigiama del pulcino, tessuto con le uova per il suo copri piumino....
In questa sua fedeltà a un repertorio iconografico che sembra ripetere sempre se stesso, salvo poi essere ogni volta diverso e nuovo, pare quasi che l'autrice voglia educare lo sguardo dei piccoli lettori. Educarli ad un tipo di illustrazione che poi matura in libri come Il denaro (Logos 2013) o Una lunga storia d'amore o Genitori felici(Logos 2012)o l'amatissimo -fino alla consunzione- I Mostri ammalati(Il Castoro 2005), che in Italia la rese famosa.



Carla

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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PARLARE PER IMMAGINI
Come curare un'ala spezzata, Bob Graham
Il Castoro 2014


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)

"Lassù, sopra la città, nessuno si accorge di un lieve tonfo di piume contro un vetro.
Nessuno vede il colombo precipitare.
Nessuno lo guarda.
Tranne Billy.
Billy vede un colombo con un'ala spezzata."

E lo raccoglie. In una piazza, circondata da grattacieli incombenti e davanti al portico di un più antico palazzo di giustizia (!) il piccolo Billy, unica nota di colore in una metropoli dai toni grigiastri, si china e lo prende con sé. La sua mamma lo segue in questo suo slancio di affetto e insieme lo portano a casa per curarlo. 


Fasciarlo, nutrirlo, costruirgli un ricovero di fortuna con una vecchia scatola tutta forata foderata di giornale, sono le prime attenzioni, le prime cure che Billy e i suoi genitori rivolgono al povero colombo ferito. Il riposo e il tempo, nonché un pizzico di speranza, faranno il resto.
Riportato là dove era caduto, il piccione risanato spicca il volo e riconquista la libertà non prima di aver fatto una breve tappa sull'altissima statua di Orazio Nelson che dalla metà dell'Ottocento veglia sui milioni di colombi che popolano quella famosa piazza di Londra.


Bob Graham è autore di storie fatte così: un piccolo episodio di vita quotidiana che diventa magicamente una storia più grande, dai toni universali.
E proprio quel 'magico' che lui riesce a mettere nella normalità lo rende amatissimo dai suoi giovanissimi lettori.
E quello stesso magico pare di vederlo in quell'alone luminoso che circonda il piccolo Billy e il colombo quando la loro storia comune comincia, ovvero quando vede - lui solo - il colombo ferito e anche quando la loro storia finisce, ovvero quando Billy, con mamma e papà, ridà la libertà all'uccello ormai guarito.
Una piccola storia che diventa esemplare e che racconta molte cose sull'umanità. Su quanto le nostre vite siano 'impastate' di noncuranza, di distrazione. Racconta di un mondo fatto di cose troppo grandi, incombenti, e di cose minime che, al contrario delle altre, pulsano di colori e di vita.
Il valore di questo albo mi pare stia proprio in tutto quello che non viene detto a parole, ma attraverso l'uso del disegno e l'uso del colore: il grigio e il marrone per le strade piene di persone che, una per una, sono tutte molto impegnate a fare qualcosa che li tiene lontani dagli altri, correre in tuta o correre al lavoro, telefonare o guardare l'orologio, tornare stanchi con la sporta. E invece i colori pastello, giallo, rosa, azzurro, per l'accogliente casa di Billy. 


In sintesi, mi pare si possa facilmente leggere il freddo dello straniamento, della noncuranza, dell'egoismo da una parte e il caldo dell'accoglienza, della cura e della generosità dall'altra.
Piccoli particolari che sembrano ribadire questi due mondi a confronto: la corona di casette a un piano su cui incombono i grattacieli della City, il giornale che fa da morbida coperta al colombo con la notizia di una guerra e un carro armato in prima pagina.
And last but not least, questa storia non potrebbe  essere un bel modo per raccontare, sotto metafora, che nella vita, dopo essere caduti e magari con l'aiuto di qualcuno, ci si può sempre rialzare?
Parlare per immagini, con i bambini spesso fa arrivare prima ai loro pensieri! 
Io ci credo.

Carla

Noterella al margine. Onestamente, quante mamme avrebbero assecondato il desiderio di Billy di raccogliere il colombo ferito e non avrebbero invece urlato di tutto perché lui non lo sfiorasse neanche con un dito perché i colombi portano malattie? Ah!



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DOLCE ARLUNO APPENA SVEGLI

Il pasto che preferisco è la prima colazione.
Quando mi sveglio e so che in cucina mi attende un dolce buono mi alzo più allegra.
Se poi si tratta di un dolce nuovo la curiosità di assaggiarlo e sentire un sapore sconosciuto quando ancora non ho mangiato nulla mi riempie di buonumore.
Questa settimana ho provato un dolce inventato da un grande maestro pasticcere Iginio Massari la cui pasticceria a Brescia è una delle migliori in Italia.
Si chiama Dolce di Arluno.



Ecco gli ingredienti per uno stampo rettangolare di 25 cm di lunghezza:

125 gr di burro
125 gr di zucchero a velo
62 gr di farina di mais fioretto
62 gr di fecola di patate
62 gr di farina tipo 0
37 gr di polvere di mandorle
37 gr di nocciole in granella
110 gr di uova intere
30 gr di tuorli
20 gr di succo di arancia
i semi di una bacca di vaniglia
5 gr di lievito chimico

Setacciate le farine e unitele alla polvere di mandorle, alle nocciole e al lievito.
Con le fruste elettriche occorre montare il burro e lo zucchero a velo così da farlo diventare una crema.
Mescolate insieme le uova e i tuorli e aggiungeteli al composto. Infine mettete le polveri.
Imburrate lo stampo, infarinatelo con la farina di mais e poi versatevi l’impasto.
Fatelo cuocere per 50 min. a 180 °C.


E’ ottimo accompagnato da confettura di more, ma anche da solo ha un sapore rustico e raffinato nello stesso tempo, con un profumo buonissimo di mandorle e nocciole esaltato dalla presenza della farina di mais.

Lulli


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