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FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

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TEMPO, UNA PAROLA ELASTICA



Un bel libro, sorprendente, di Pia Valentinis e Giancarlo Ascari, dedicato a un concetto intuitivo, all'apparenza, ma in realtà soggetto a molteplici interpretazioni.

 
Gong! Viaggio nel tempo, questo è il titolo del libro illustrato pubblicato da Franco Cosimo Panini, è davvero un libro pieno di sorprese che prende la parola 'tempo' e la declina in diverse accezioni, scandagliando il tempo misurato, quello che passa con il ticchettio dell'orologio; il tempo esistenziale, il tempo della musica, il tempo delle generazioni e, infine, il futuro, come lo immaginiamo. Il materiale è complesso, parliamo di un concetto astratto su cui si sono misurate generazioni di scienziati e di filosofi; ma anche la grande complessità può essere raccontata con sapiente leggerezza, e questo libro ne è la prova.
Ogni capitolo un concetto, un evento storico che fa collocare, appunto in una scala temporale, invenzioni determinanti come il calendario e l'orologio, nell'ansia umana di dare ordine allo scorrere inesorabile della vita. 

 
C'è l'orologio interno a ciascun vivente, che regola i cicli vitali, che ci fa svegliare o dormire, che si esprime con il ritmo delle stagioni e nel passare dei giorni.
Ma il tempo 'misurato'è anche il tempo del lavoro, il ritmo della catena di montaggio, è il valore di un oggetto misurato con il tempo necessario a costruirlo.
Poi c'è il tempo soggettivo, il tempo che non passa, il tempo lento della siesta e il ritmo vorticoso della metropoli.


Modi di dire, gesti scaramantici, come le capsule del tempo, destinate ai posteri; e ancora temi e riflessioni che troveranno sicuramente una valida sponda nelle menti aperte di lettrici e lettori dagli otto anni in su.
Anche il libro ha un ritmo veloce, passa da un argomento all'altro aprendo molte questioni e dando qualche interessante risposta. E questo libro mi piace anche per questo, perché sollecita interrogativi grandi e piccoli, curiosità sparse, compreso un Nicolas Flamel, alchimista francese che ricompare nei romanzi fantasy. E se tutta questa allegra serie di questioni più o meno importanti non bastasse, ci sono le immagini sapienti dei due autori, che si alternano nel più assoluto anonimato, proponendo piccole immagini esplicative a belle tavole suggestive. L'accuratezza nella descrizione si affianca alla scelta di colori squillanti, a continui cambi di stile.


Gong!È un libro dai colori vivaci, dai pensieri veloci e dalle molte sfaccettature, allegro e nello stesso tempo riflessivo, un esempio di quella linea di confine, molto stimolante, fra la divulgazione e l'illustrato. 
 
Eleonora

“Gong! Viaggio nel tempo”, G. Ascari e P. Valentinis, Franco Cosimo Panini



LA BORSETTA A SIRENA (libri per incantare)

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EDUCARE ALLA COMPLESSITÀ 

Tutti insieme, Élisa Géhin
Il Castoro 2017


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)


"Albero Foresta
Goccia Nuvola Cielo
Zanzara Nube Esercito
Macchia Mucca
Persona Famiglia Folla"

Tutti insieme funziona così: una figura grande e solitaria, sulla pagina di sinistra, sulla pagina di destra - la pagina dove, nei libri, succede sempre qualcosa - la figura si mischia a qualcos'altro. 

 
La goccia si perde tra le sue colleghe a formare una nuvola e, girando l'aletta, la nuvola si perde tra le sue colleghe a formare un cielo. 


Il meccanismo potrebbe ripetersi con la regolarità di un pendolo e allora avremmo un libro noioso e un po' prevedibile, magari istruttivo, ma piuttosto lontano dal piacere di stupirsi a ogni nuova pagina.
Siccome il libro è di Élisa Géhin, il rischio non si corre.
Sono sostanzialmente tre le possibilità di 'scarto' che l'autrice si lascia aperte.
La prima è l'alternanza delle alette: alcune pagine la prevedono, altre no. Senza una cadenza precisa e prevedibile.
La seconda possibilità di variare sta proprio nella relazione tra i tre (o due) soggetti che compongono la sequenza. Con alcuni divertenti soluzioni che anche dal punto di vista sonoro hanno una loro armonia: macchia e mucca che in francese suona ancora meglio: tache e vache.
La terza ha a che fare con le definizioni stesse. Quasi impercettibile per i cervelli adulti abituati a metafore, allusioni, sineddochi e metonimie, gli accostamenti tra disegno e parola per i più piccoli si rivelano ugualmente spiazzanti, ma nello stesso tempo utili a imparare la complessità della realtà. Per intenderci l'ora è figurata con un orologio; un animale con un elefante; un ortaggio con una carota.


Torniamo alle sequenze: goccia, nuvola, cielo anche se non è la più scontata è pur sempre un'associazione nell'orbita del prevedibile. Lo stesso potrebbe dirsi per persona, famiglia, folla. 


Che cosa succede invece nella sequenza con la zanzara e la nube e l'esercito? Il legame non è più così scontato, anzi non lo è per nulla.
Le connessioni, che tanto hanno in comune con il termine sinapsi, sono materia di tutti i giorni per il nostro cervello. Tanto più è in formazione, il cervello, tanto più necessarie gli sono le connessioni. E tanto più le connessioni, i nessi, sono imprevedibili, tanto più lo si educa alla complessità.


E tanto più è in grado di affrontare la stratificazione di nessi anche lontani, tanto più sarà capace di elaborare soluzioni intelligenti. Soluzioni che sanno guardare anche un po' più in là.
Maestro insuperato di questo modo di concepire il libro, come un imagier potenziato, è Blexbolex. Nessuno come lui è stato in grado di assegnargli, al libro, il compito di essere nel contempo gioco e strumento di ragionamento e apprendimento.
Penso a Immaginario e a Stagioni (Orecchio acerbo, 2008; 2010; 2016) che sono capolavori nel loro genere.
Mi pare probabile che Élisa Géhin abbia conosciuto e declinato a suo modo quella stessa concezione. Semplificandone e assottigliando le stratificate connessioni che Blexbolex suggerisce ai suoi lettori, ma riprendendone per molti versi il canone.
Come costruttrice di imagier anche lei ha sempre ben presente le singole parti e il tutto, come testimonia la pagina finale e il titolo stesso.
Ogni singolo elemento, dalla goccia alla macchia, nelle sue moltiplicazioni e connessioni va comunque sempre a ricomporsi in una visione generale del mondo. E anche un po' più in là.


Carla 



FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

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DIRE ADDIO
 

Un tema davvero difficile, quello scelto da Jimmy Liao in questo suo ultimo libro, Un bacioe addio: racconta, con la consueta delicatezza, del viaggio più difficile che si possa immaginare, quello che porta a separarsi definitivamente dai propri genitori. L'albo è del 2015 e viene ora proposto dall'editore Camelozampa, con la traduzione di Silvia Torchio e la consulenza editoriale di Luca Ganzerla.
 

Nelle tavole di Liao vediamo un bimbo in compagnia di un cane, in viaggio verso la casa del nonno. Alle spalle, la vita di prima, quella in cui si ascoltano le storie lette dalla mamma prima di dormire, o si aspetta il papà che torna da un viaggio.
I ricordi di quello che era, le abitudini, le cose, i luoghi, sfuggono via, mentre il treno corre verso una nuova destinazione. Le cose più belle stanno in una valigia, che, però, verrà dimenticata anch'essa alla fine del viaggio.
 

Dunque tutto sembra perdersi in questo progressivo smarrimento, apparentemente senza dolore; l'unico filo conduttore rimasto è il cane, presenza costante, e il nuovo mondo, rappresentato dal nonno.
Ma non è solo così; resta quello che si ha dentro, resta l'amore ricevuto, il sapore dolce dei ricordi, poiché i ricordi stessi sono perduti.
Malinconia, apprensione per un futuro che si annuncia incerto e qualche piccola certezza, lasciandosi alle spalle, con un bacio, il passato.
Liao descrive questi stati d'animo con tavole di sorprendente vivacità, con una gamma di colori squillanti, pastosi, dai contrasti marcati.
Il bambino protagonista, vestito di un luminoso verde primavera, vede il mondo che lo circonda, in cui tutto si mescola, sogni, ricordi e presente, colorato a tinte forti, con forti sottolineature emotive. Altre tavole sono più familiari agli estimatori dell'artista, dense di citazioni e capaci di trasfigurazioni simboliche illuminanti.


Questo albo è nel segno della complessità, richiede letture e riletture; colpisce per l'apparente semplicità, che nasconde un discorso complesso sull'addio, sul separarsi da quella parte di sé legata al passato, al lasciarsi indietro, in qualche caso, anche i ricordi di quello che è stato. Più che un ragionamento sul lutto, mi sembra che il centro narrativo sia il ricordo, come la smemoratezza sia sorella dell'abbandono, del lasciarsi alle spalle, mantenendo fermo, però, quel nocciolo di vita che si è condiviso e che farà sempre parte di noi. La vita è adesso, sembra dirci l'autore, con tutta la sua bellezza e la sua travolgente energia.
Questa complessità richiede lettrici e lettori maturi, che si facciano prendere dal linguaggio poetico, evocativo di Liao, che possano apprezzare le sue metafore, i riferimenti. Naturalmente, è un albo sicuramente apprezzato anche dagli adulti.


Eleonora

“Un bacio e addio”, J.Liao, trad. S. Torchio, cons. Luca Ganzerla, Camelozampa 2017


LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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LA BELLEZZA DELLA VITA VERA

Victoria sogna, Timothée De Fombelle, Mariachiara Di Giorgio
(trad. Maria Bastanzetti)
Terre di Mezzo, 2017


NARRATIVA PER MEDI (dai 9 anni)

"Voleva un berretto di pelliccia, cavalli selvaggi, missioni in Siberia o nello spazio, e per casa, una palafitta. Voleva che i suoi genitori fossero ostaggio dei pigmei, impossibili da liberare. Sognava di avere un cane che le arrivasse al mento, e che la proteggesse dai leoni venuti a bere nel lago dove lei si sarebbe lavata una volta al mese, come massimo."

A Chaise-sur-le-Pont non passano i pigmei, non ci sono leoni in giro, e niente palafitte. E gli alieni non vengono a rapirle la sorella maggiore.


Eppure fatti insoliti accadono anche lì e le consuete routine si incrinano: dove vanno a finire certi libri che dall'Orizzonte, la mensola che taglia in due le pareti della sua camera, scompaiono? E la pendola che regola le abitudini della sua abitudinaria famiglia perché non è più lì? E perché il piccolo Jo, che tanto piccolo non è, nonostante sia il suo più caro e unico amico, la pedina nella notte per chiederle notizie di tre Cheyenne?
Tutto questo ha forse qualcosa a che fare con il vestito da cow boy che ogni sera suo padre indossa?
Non si può darle torto: il mistero si infittisce e l'avventura, a volerla vivere, è dietro l'angolo.


Lettrice infaticabile, Victoria cammina in perfetto equilibrio lungo la sottile linea di confine tra la realtà e l'immaginazione. Ed è proprio il suo fecondo immaginario che le riempie le giornate, altrimenti noiose e fatte di abitudini familiari e di orari sempre uguali. A scuola non va diversamente: nulla le sembra meritevole di attenzione, a parte il piccolo Jo che, nonostante l'anno di differenza, è già dietro i cancelli di un liceo. Sebbene abbia l'aspetto fragile del Piccolo Principe, Jo è decisamente un fuoriclasse e gli anni scolastici li salta come se saltasse a corda. Insostituibile amico, sa starle vicino, anzi appiccicato, persino nel bagagliaio chiuso di una macchina...
Victoria non si disarma e, mentre la vita vera si rivela piuttosto complicata, trova il coraggio di guardarla allo specchio, anzi, per meglio dire, allo specchietto. Scopre così che, accanto alla forza dell'immaginazione c'è la fragilità del mondo reale: se sono condivisi tuttavia, sogno e realtà, possono essere belli entrambi.


Si riconferma costruttore di impalcature robuste: dai libri di De Fombelle non è possibile cadere.
Non fa differenza che le pagine qui siano solo un centinaio - un'inezia se comparate a Vango (I e II) o a Perle o a Tobia (I e II) - il solido gioco di illusione funziona dal primo istante e tutti noi scivoliamo in una trappola magnifica che ci fa vedere la realtà attraverso una lente che la distorce quel tanto che è necessario per rendere il risveglio ancora più stupefacente.
Siamo un po' tutti come Victoria, nel nostro essere appassionati lettori, come lei il nostro 'orizzonte' sono le storie, come lei ci siamo costruiti un immaginario fatto di libri letti nel tempo e come lei amiamo valicare la realtà.
In assoluta complicità, come lei, ci illudiamo di vedere cow boys dove non sono, e cheyenne in carne e ossa. E solo un attimo prima di lei capiamo quello che veramente le sta girando intorno. Impossibile non amarla, Victoria, siamo lettori empatici e per questo ci fermiamo ad aspettarla per esserle accanto, con il piccolo Jo, nel momento in cui il velo si squarcia anche per lei.


Intorno a una struttura narrativa coerente e solida, si attaccano mille piccoli dettagli che la rendono ancora più intrigante. Sottigliezze, levigature nella restituzione dei personaggi: una madre che arrossisce anche sulla nuca; un padre che non sa separarsi da una coppa vinta al torneo di ping-pong del campeggio; una sorella diciassettenne che, già vecchia dentro, si sta annoiando in campo scuola. Tutto questo, insieme a brevi frasi, fatte scivolare con noncuranza qui e là nel fluire dell'azione, attecchiscono nella testa di noi lettori, dando spessore all'intera storia.
In tal modo le pagine scorrono veloci e leggere verso un finale degno del miglior De Fombelle.
Se lui si muove in assoluto agio nella brevità di questa storia, i disegni pieni di aria di Mariachiara Di Giorgio patiscono talvolta la costrizione della pagina piena di testo. 


Lei, come Victoria, non ama i confini ma come lei però conosce il modo di prendere il largo e, laddove le viene concesso, sconfina e immagina.

Carla


FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

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FARE I CONTI CON LA STORIA


Scommessa vinta, eccome!, da Davide Morosinotto che sull'onda del successo del libro precedente, Il Rinomato Catalogo Walker & Dawn, affronta con il nuovo romanzo il tema della Russia sovietica nella Seconda Guerra Mondiale.
Difficile mantenere l'equilibrio fra l'enfasi, che può farsi retorica, parlando dell'eroismo del popolo russo, e la critica al sistema sociale sovietico. Morosinotto ci riesce, facendoci innamorare dei due giovani protagonisti e riaprendo uno squarcio di verità, sepolto da decenni di voluta dimenticanza, sulla storia recente del nostro continente.
La sfolgorante luce di due stelle rosse. Il caso dei quaderni di Viktor e Nadyaè la storia di un fratello e una sorella gemelli, divisi dall'avvicinarsi delle truppe tedesche, all'inizio del '41, alla città di Leningrado. La famiglia viene divisa; la mamma resta a difendere i capolavori dell'Ermitage, il papà va al fronte. I due ragazzi vengono mandati in un kolkhoz, dove si suppone la guerra non arrivi. Ma.
Per errore Nadya, la sorella, viene mandata su un treno diverso da quello del fratello , Viktor. Il treno su cui sale Nadya è un treno speciale, su cui viaggia una ragazzina che dev'essere difesa a tutti i costi da un complotto che riguarda il padre.


Da questa iniziale separazione si dipana tutto il racconto, che vede le peripezie di Viktor, in fuga dalla sua destinazione originale per andare alla ricerca della sorella, che a sua volta finisce in un luogo mitico e glorioso, per i posteri: la fortezza di Oreshek, mai conquistata dai tedeschi, posta su un'isoletta del lago Ladoga, vicino a Leningrado. Nella nostra storia, lì un manipolo di marinai resiste all'esercito tedesco, che nel frattempo ha quasi completamente circondato la città, ridotta allo stremo dall'assedio, durato ben 900 giorni. Attraverso questo piccolo varco, sulla superficie ghiacciata del lago, riusciranno a passare i rifornimenti per la città affamata e lì si consumerà una delle più cocenti sconfitte dell'esercito tedesco, spezzato dalla resistenza russa e dal Generale Inverno.
Nella Storia, l'assedio di Leningrado è durato dal settembre del 1941 a gennaio del 1944. In questo romanzo, ben documentato e molto dettagliato nella ricostruzione storica, lo vediamo descritto marginalmente, come sfondo della vicenda dei due ragazzi, del loro tentativo di ritrovarsi, nonostante il freddo, la fame, i combattimenti, i bombardamenti.
Un vero romanzo d'avventura, di cui non posso raccontare gli sviluppi, che si legge tutto d'un fiato nonostante le quattrocento pagine. Nello stesso tempo una ricostruzione storica attenta e precisa, che racconta gli orrori indicibili della Seconda Guerra Mondiale, l'eroismo indiscutibile del popolo russo e nello stesso tempo il regime totalitario che ne controllava la vita, i gulag, il KGB, le spie, i traditori. Il testo viene presentato come lo svolgimento dei due diari, tenuti uno ciascuno dai due ragazzi, caduti in mano ad un commissario del popolo che vuole ravvisarne le eventuali ammissioni di reati e di insubordinazioni.
Quale sarà il giudizio finale, anche questo non posso dirlo, anche se è piuttosto prevedibile.
Mi sembra che Morosinotto abbia ancora una volta centrato l'obbiettivo, con un romanzo d'avventura di grande respiro, che restituisce verità ad un importante episodio storico. Dopo la caduta del Muro di Berlino, si è fatta strada l'opinione che i totalitarismi del Novecento fossero tutti mescolati in un unico calderone di necessario biasimo storico. La realtà è che senza l'eroismo del popolo russo e senza la capacità del suo governo, comunque lo si giudichi, di opporsi agli eserciti nazi-fascisti durante la Seconda Guerra Mondiale, di cui l'autore non nasconde gli orrori, la storia dell'Europa e del Mondo sarebbe stata ben diversa e noi non saremmo qui a disquisire di libertà.
Lettura necessaria, dunque, per chiunque, dai dodici ai 99 anni, ami l'avventura e la Storia.

Eleonora

La sfolgorante luce di due stelle rosse. Il caso dei quaderni di Viktor e Nadya”, D. Morosinotto, Mondadori 2017


LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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LE ZUFFE SONO UN PO' COME I SOUFFLÉ

La grande azzuffata, Davide Calì Serge Bloch
Edizioni Clichy 2017


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"A cosa serve la zuffa? La zuffa fa molto bene alla salute e assai utile in molti campi. Ecco qualcuno dei suoi benefici: - fa fare esercizio alle braccia...e alle gambe...-fa accelerare il sangue...fa ossigenare i polmoni...fa sperimentare la resistenza dello stomaco...e quella dei pantaloni. Una bella zuffa prevede un allenamento completo. E non c'è bisogno di andare in palestra."

A ben vedere, non solo la zuffa è utile, ma è vecchia come il mondo.
Si ipotizza che le prime abbiano avuto luogo per questioni di proprietà di mammuth.
Oltre a essere utile e antica, la zuffa è imprevedibile.
Spesso nasce a ricreazione, da uno sguardo che non va o per un piccolo errore. Talvolta da un motivo che può sembrare futile, ma che all'improvviso diventa importante: per esempio una penna a quattro colori nella mani sbagliate...


Le zuffe sono intergenerazionali: piccoli o grandi non fa molta differenza. Sebbene i grandi prendano molto sul serio le ragioni delle loro zuffe, farcendole di odio, non riescono mai a capire a fondo i motivi delle zuffe dei piccoli, che invece dell'odio non sanno che farsene.
Ai maschi piacerebbe che le zuffe fossero solo loro appannaggio, ma ingenuamente non tengono conto di tutte quelle femmine che si rivelano disponibili per una bella zuffa con stile. Peggio per loro, verrebbe da dire.
La zuffa dovrebbe prevedere comunque una certa deontologia professionale, che tenga conto delle forze in campo, della sabbia negli occhi, della sera incombente, della maestra in arrivo, del richiamo per andare a tavola. 


Le zuffe, per costituzione, sono un po' come i soufflé: finita la fase bollente, si sgonfiano e diventano un niente. Ma, come loro, hanno un sapore meraviglioso.

Si passeggia allegramente nel politicamente scorretto.
Evviva! Edizioni Clichy non si smentisce e continua, con il garbo di sempre, a instillare il dubbio nelle teste adulte che il mondo dei bambini non sia tutto fatto di buoni sentimenti.


Attraverso un disegno grande ma pieno di sporcizia - macchie e strappi ovunque - caratteristico di un qualsiasi scenario di cortile di scuola, Serge Bloch racconta la sua idea di infanzia: grandi testoni su corpi ancora fragili che si affrontano a suon di pugni, calci e capocciate.
Attraverso una mappa ragionata e ben argomentata, si percorre un terreno 'minato': quello dello scontro, della lotta, del 'prendersi per il ciuffo' e farsi un po' male, non tanto, ma almeno un po'. Un cerotto, uno strappo sui pantaloni, un livido, una tasca del grembiule divelta diventano trofei agli occhi dei contendenti. Segni di intemperanza, di qualche disagio nascosto, di un disturbo che va curato invece agli occhi di un preside o di una maestra o di un 'capannello' di mamme vigili.
Saper vivere in armonia con gli altri, accettarsi e rispettarsi nelle diversità, imparare a condividere spazi, oggetti e affetti è obiettivo che ogni abitante del pianeta dovrebbe prefiggersi. Non si può tuttavia negare che sia lavoro di anni, sia impegno quotidiano, sia fatica nel processo di un percorso educativo.


Non ho occhi da pedagogista quando osservo i bambini e le bambine che incontro. E ne sono abbastanza fiera perché penso di aver mantenuto così una certa verginità e ingenuità di lettura dei loro comportamenti, ma d'altro canto l'essere naïf rende ogni discorso più fragile. Ciò nonostante la visuale di questo libro mi pare in larga parte condivisibile.
Se si parte dall'assunto che l'infanzia, più di qualsiasi altra età dell'uomo, mantiene incontaminati dei tratti di selvatichezza, di ferinità, in una connessione quasi ombelicale con la primitività da cui tutti discendiamo, diventa innegabile che la zuffa alberghi nel DNA di molti, se non di tutti i bambini.
Nel linguaggio non verbale tra animali della stessa specie, l'aggressività è una modalità di confronto di assoluta routine. Vederla fa paura, ma è del tutto normale. In natura gli animali, soprattutto quelli sociali, si azzuffano per diversissime ragioni: un ciuffo d'erba o per la ius primae noctis.Come è stato osservato dagli etologi, gli animali si dimostrano però aggressivi fino a un certo punto; nel momento in cui si valica il limite del pericolo di vita, il livello dello scontro cala e, in qualche modo, si torna amici come prima.
Ed ecco che la zuffa, come è detto chiaramente nel libro, perde il connotato di odio, ovvero di persistente avversione e diventa un gioco, una schermaglia. 


All'ora di cena si posano le armi e domani è un altro giorno e si vedrà.

Carla


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CURIOSITA' NATURALI

Fra le tante novità editoriali dedicate agli animali, uno degli immancabili 'must' di stagione, spicca quella pubblicata ora da L'Ippocampo, dal titolo Curiosa Natura, di Florence Guiraud.
Cos'ha di particolare questo libro caratterizzato dalle grandi tavole suggestive? Il richiamo esplicito ai repertori naturalistici settecenteschi, sulle cui tavole hanno studiato e si sono formate nei tempi passati moltissimi naturalisti.
Non è un'esposizione esaustiva, vengono scelte alcune categorie di animali: i padroni dei cieli, gli uccelli; alcuni abitanti del mare; gli insetti. I becchi, le piume degli uccelli o una rassegna di farfalle dalle ali azzurre o blu.


Le pagine ce li presentano così, in tavole affollate, ora monocrome, ora policrome; tavole piene di soggetti piccolissimi o imponenti, pericolosi o innocui, assolutamente comuni o rarissimi. Molti di questi soggetti ci guardano con un pizzico d'ironia, uno sguardo complice; altri sono indifferenti, nella loro bellezza.


Questo non è il tipo di repertorio naturalistico che risponde al desiderio di sistematicità o di approfondimento; è un libro che affascina, stupisce, incuriosisce utilizzando soprattutto il lato estetico, la naturale bellezza, l'eleganza o la straordinaria eccentricità dei soggetti ritratti. Al termine di ciascun capitolo c'è il Repertorio Aleatorio, o meglio accidentale, una raccolta di schede piuttosto sintetiche riguardanti i diversi animali. 


Florence Guiraud non è nuova a prove di perfezione tecnica, utilizzando un impianto originale, diverso dal solito, nel proporre un repertorio animale. Un altro esempio è stato il precedenteAnim'Os,poi pubblicato da Rizzoli con il titolo Scheletri. Qualche genitore troverà poco 'didattico' questo approccio, dimenticando, probabilmente che la curiosità infantile si accresce non solo con risposte ordinate e sistematiche, ma anche con suggestioni e spunti che colpiscono l'immaginazione e invitano a cercare ancora altre meraviglie.
E che le tavole e le schede siano accurate, oltre ad essere belle, non è cosa da poco.


L'autrice nell'introduzione racconta come sia sempre stata affascinata dai repertori naturalistici settecenteschi, che descrivevano, con tavole dettagliatissime e qua e là fantasiose, le meraviglie che i viaggiatori e gli esploratori incontravano nel loro percorso. Per darvene un'idea, vi mostro un paio di tavole tratte da Cabinet of Natural Curiosities. The complete Plates in Colour 1734-1765, di Albertus Seba, così come ce lo ha riproposto l'editore Taschen.
Di queste meraviglie, è il caso di dirlo, si sono nutriti i naturalisti prima dell'avvento della fotografia.


Dunque, possiamo anche noi nutrire il desiderio di conoscere di bambine e bambini anche attraverso queste immagini, questi appunti sul mondo naturale che non smetteremo mai di studiare. Per bambine e bambini curiosi e inclini alla bellezza, a partire dagli otto anni.

Eleonora

“Curiosa Natura”, F. Guiraud, L'Ippocampo 2017



LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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QUANDO IL BOSCO DORMIVA

Il bosco addormentato, Rébecca Dautremer
(trad. Francesca Mazzurana)
Rizzoli 2017


ILLUSTRATI

"A te che tieni questo libro tra le mani: grazie per il tempo che gli dedicherai. L'ho scritto e illustrato con molta cura e piacere.
Guarda lì, proprio lì, nella pagina accanto, i due tizi che discutono.
Credo vogliano andare a fare una passeggiata. Che ne dici di seguirli?
E cerca di sentire cosa dicono. Racconteranno una storia che forse ti ricorderà qualcosa..."
R.D.

Un giovane longilineo e un anziano signore in panciotto, entrambi usciti da un tempo passato indecifrabile, si avviano attraverso la pagina bianca.
All'arrivo, dall'altra parte della cucitura del foglio, trovano il colore e un grande silenzio, un gran vento e una strada che li conduce in un luogo tanto reale quanto spettrale dove tutto è addormentato. Animali, uomini, donne e bambini sono immobili, colti da un sonno eterno quanto improvviso. I loro corpi, complice il peso e la rilassatezza dei muscoli, si flettono nel torpore. Curva è la schiena del cavaliere ancora in groppa al suo cavallo, ciondolano i bambini dall'altalena, si accasciano sui loro strumenti le signore dell'orchestra. Si tengono in piedi a vicenda in un abbraccio dal precario equilibrio i due pugili e la fioraia è sdraiata a terra, come caduta d'incanto nel momento in cui annaffiava i suoi vasi. 


Il vecchio, nel suo monologo recitato dalla pagina bianca, ragiona su ciò che vede sulla pagina accanto: è una storia di cui si è sentito parlare, una storia strana. Questo sonno che sembra morte dura da un secolo, commenta il vecchio, ed è incredibile che nessuno si sia ribellato a questo stato di cose. 


Non serve incitarli al risveglio, constata l'uomo in panciotto: è un sortilegio di qualche strega, si chiede, oppure stanno solo facendo finta per stanchezza o paura? O forse stanno aspettando che succeda qualcosa o che arrivi qualcuno? Il ragazzo, muto e finora assorto nei propri pensieri, lontano dal chiacchiericcio del vecchio, finalmente alza lo sguardo, alla frase pronunciata dalla sua guida: forse un bacio?
Valicare il confine che tiene separato il bianco dal colore, il nulla dal tutto, la logica dalla fiaba, il suono dal silenzio, la veglia dal sonno, la sinistra dalla destra, è un gioco da ragazzi (anzi, da ragazza). Bastava solo pensarci e affidarsi alla potenza dell'immaginazione.
E quel genio di Rébecca Dautremer lo ha fatto.

Una costruzione narrativa di semplicità disarmante che diventa un oggetto reale: un gioiello editoriale pieno di bellezza, di arte, di pensiero.
Una fiaba, quella di Charles Perrault, che è nel nostro immaginario e che diventa, nelle mani di Rébecca Dautremer, teatro, palcoscenico per rappresentare qualcos'altro.


L'invito a seguire chi la guarderà da una certa distanza, chi si interrogherà sul prodigio che la tiene soggiogata, chi avrà il desiderio e il coraggio di entrarci per cambiare le cose, è un modo di offrire una nuova prospettiva per guardare ciò che già conosciamo, per indagare in altre direzioni. La rivisitazione di una fiaba classica non è un registro poco frequentato, ma una visuale del genere è decisamente originale.
E questo è il primo punto di interesse. Ne seguono molti altri che però sono espressioni di un lessico che la Dautremer ha utilizzato anche in precedenti occasioni.E che riconfermano la sua altissima qualità di illustratrice.

 
Per quanto concerne l'ambito più strettamente formale, gli elementi che tornano sono: il grande formato; una gamma cromatica che predilige il rosso (qui come già altrove in un contrasto cromatico con il turchese) che allude all'Estremo Oriente, come pure le fisionomie dei volti e il taglio degli occhi (sebbene qui sempre chiusi per obbligo di scena); una visuale grandangolare che distorce le figure come attraverso un obiettivo fotografico - in una tensione quasi deformante, sinuosa, dei corpi che diventano forme si legge un ulteriore riferimento alla miniatura e alla pittura giapponese; uno studio approfondito sulla luce e sugli effetti che produce su scenari e personaggi e sul suo tono potentemente evocativo; il continuo riferimento a un contesto geografico e culturale attraverso elementi di scena - oggetti, costumi, capigliature, manifesti, cartelli, segnali, decorazioni, architetture - che puntualmente vengono smentiti; il gusto per il dettaglio allusivo: dalla minuscola scritta sul muro per incitare l'atleta del ring, al nome del gruppo di musiciste. E ultimo: il dominio assoluto di una tecnica pittorica fuori dal comune. 

 
E grazie a questa non si può non notare nelle figurine monocrome come si voglia rendere omaggio al mondo del fumetto, a quello classico che non utilizza i balloon, che nasce in America con McCay e arriva in Francia con Moebius.
Un'allusione silenziosa, ma evidente a tutti i Little Nemo che si sono susseguiti dai primi del Novecento fino agli anni Ottanta del secolo scorso. 
D'altronde, non è forse Little Nemo l'icona per eccellenza del sonno (o del sogno) interrotto?
Riguardo all'ambito più attinente ai contenuti: l'allusione come chiave narrativa; la capacità di avere due universi comunicativi: uno che stupisce i piccoli e uno che solletica i grandi; la grande complicità tra testo e immagine; la complicità richiesta al lettore che in questo caso viene chiamato 'dentro' dall'autrice medesima; il rapporto con i classici della letteratura che sono reinterpretati secondo prospettive originali; una relazione forte tra il tempo della narrazione che avanza e quello della fiaba che è sospeso, pronto a rimettersi in moto e a sincronizzarsi con quello della narrazione solo sul finale, lo stesso accade con lo spazio: attraversabile sulla pagina bianca, conchiuso su quella colorata, pronto a ridiventare abitabile solo nella penultima tavola.
C'è di che ragionare, altro che dormire...


Carla

Noterella al margine: ancora una volta uno scivolone sul titolo che in francese suona molto più coerentemente Le Bois dormait, ovvero il bosco dormiva...Un'altra occasione persa di rimanere nell'allusione, evitando di cadere nel chiarimento.



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INSETTI E GALLINE, PER MENTI BRILLANTI

Oggi vi presento due libri di divulgazione scientifica che hanno molti punti in comune: sono un eccellente prodotto made in Italy, sono rivolti a un pubblico di ragazze e ragazzi con uno spiccato interesse per la scienza e qualche nozione di biologia e, infine, sono fatti con testi precisi e approfonditi, accompagnati da un adeguato apparato iconografico.


Il primo che vorrei sottoporvi è Il mondo segreto degli insetti. Una guida alla scoperta degli animali più incredibili e numerosi del Pianeta, pubblicato da Editoriale Scienza. L'autore, Marco Di Domenico, è un biologo, ottimo divulgatore, nonché illustratore in prima persona delle immagini 'scientifiche'. Lo affianca, con le altre illustrazioni, Laura Fanelli. Per dirla in sintesi, questo è un vero libro sistematico sugli abitanti più numerosi della Terra, che rappresentano l'ottanta per cento delle specie viventi, e parliamo ovviamente delle specie conosciute.

Bene, in questo babilonico microcosmo, il nostro autore ci conduce per mano descrivendo con precisione le caratteristiche anatomiche e funzionali degli insetti; ci mostra come volano, come mangiano, come si riproducono. Infine racconta quell'aspetto misterioso e affascinante che riguarda la vita sociale di api e formiche.

 
Molti gli aneddoti, ma soprattutto tanta informazione, con alcune schede finali che consentono ai giovani scienziati e scienziate di riconoscere gli insetti che popolano i nostri terrazzi e giardini. Mi ha colpito la capacità di sintesi e la chiarezza dei testi, pur nella precisione della esposizione. Molti appassionati/e di questo argomento trovano finalmente un testo all'altezza delle loro aspettative.


L'altro libro riguarda un argomento popolare, i dinosauri, ma anche questo è un testo che punta sull'informazione competente e attenta, sottolineando un aspetto di solito poco trattato: il legame evolutivo fra antichissimi animali estinti e quelli che oggi popolano la Terra. Il libro è il prodotto del lavoro di Cristina Banfi, Cristina Peraboni e Rita Mabel Schiavo dell'Associazione Didattica Museale di Milano, con le belle, efficaci illustrazioni di Roman Garcia Mora; il titolo, efficacissimo, è Questo pollo è un T-Rex. Il grande librodell'evoluzione animale, pubblicato dal National Geographic kids. 

 
I capitoli non sono molti ma sono molto chiari attraverso un'esposizione lineare e immagini che contribuiscono ad esplicitare il testo. Gli argomenti principali riguardano gli uccelli, a partire dalle nostre galline fino agli struzzi, i felini, i coccodrilli, i proboscidati, i marsupiali, i bradipi. Ce n'è da stuzzicare l'attenzione di non poche ragazzine e ragazzini, dotati di qualche nozione di biologia.
Finalmente un libro sui dinosauri che non punti all'effetto paura di fronte a quelle gigantesche macchine di predazione. Finalmente un libro che spieghi in modo chiaro le parentele e i fili che legano il presente e il passato, mostrando con quale metodologia si eseguono questi raffronti. L'unica aggiunta che avrei fatto, per rendere tutto più chiaro, una linea del tempo per collocarvi gli esemplari trattati.


Come ho spesso sottolineato, è importante nutrire le esplosive intelligenze dei più giovani con testi che rispettino la loro intelligenza, che ne stimolino l'infinita curiosità per ampliare ancora il loro campo d'interesse. E' una grande soddisfazione constatare che l'editoria italiana può produrre da sé risultati eccellenti.
Mi sembrano delle belle proposte, in questa chiusura d'anno fin troppo affollata di 'strenne'. Grazie agli editori che riescono a distinguersi per lungimiranza e qualità delle proposte.

Eleonora

“Il mondo segreto degli insetti. Una guida alla scoperta degli animali più incredibili e numerosi del Pianeta”, M. Di Domenico, ill. L. Fanelli, Editoriale Scienza 2017

“Questo pollo è un T-Rex. Il grande libro dell'evoluzione animale”, ADM Milano, ill. R. Garcia Mora, National Geographic kids 2017


LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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IL VECCHIO E IL BAMBINO
 
Sai fischiare Johanna? Ulf Stark, Olof Landström 
(trad. Laura Cangemi)
Iperborea 2017


NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni)

"'Vorrei avere anch'io un nonno', mormora. 'Cosa fanno i nonni, tipo?'
'Vediamo', rispondo. 'Ti offrono il caffè e poi mangiano i piedini di maiale in gelatina. E qualche volta ti portano a pescare sul lago.''E perché io non ce l'ho un nonno?' chiede Berra. 'Non saprei', rispondo. 'Però so dove puoi trovarne uno.'"

Altalena fatta in casa con un'asse e un bidone al centro: da un lato Berra (all'anagrafe Bertil) e dall'altro Ulf. In due fanno quattordici anni, sette a testa. Ulf sta per andare a casa a farsi bello per andare a far visita a suo nonno, che compie gli anni. Il regalo per lui è un grande sigaro, ma Ulf sa che anche il nonno avrà qualcosa in serbo per lui, le cinque corone che ogni volta che si vedono il nonno elargisce. I nonni son così. 


Il mattino seguente è il momento di andare a cercare un nonno anche per Berra. E quale luogo più ricco c'è in fatto di vecchietti e vecchiette se non la casa di riposo? Berra, in ghingheri per l'occasione, ha rubato un fiore per il suo futuro nonno che trova al di là di una porta socchiusa alla fine del corridoio dell'ospizio.
Si sa che quando l'aspettativa è alta, si tende a bruciare i preliminari e le tappe intermedie: così Berra davanti a quel vecchietto che sta facendo il suo solitario non esita neanche un secondo e, nel porgergli la calendula rubata, esordisce con un semplice 'Tieni, nonno!'. Gli anziani sono sempre un po' in dubbio su quel che gli capita, così anche Nils, il nuovo nonno di Berra, è perplesso, ma a vedere tanta sicurezza in quel bambinetto, smette di dubitare e abbraccia felice il suo nipotino, nuovo di zecca.
E così comincia questo bellissimo legame tra due che fino a ieri non si conoscevano neppure: un bambino e un vecchietto della casa di riposo. Tanto forte e autentico quanto improvviso e inaspettato. Accomunati da un cerotto sul mento, questi due sono subito nonno e nipote e, come tali, fanno insieme un mucchio di cose. La più bella di tutte: la costruzione di un aquilone con il foulard di seta della cara Johanna, l'amata moglie perduta.
Bisogna aspettare il vento per farlo volare.


I giorni passano, si festeggia un compleanno segreto, ci si rade, si rimugina, ci si riposa, ci si arrampica su un ciliegio a mangiar ciliegie, ma soprattutto Berra si esercita a fischiare come Nils gli ha insegnato.
Soffia, sbuffa, sibila, prova e riprova per intere settimane, fino al giorno in cui si sente pronto.
Della canzone Sai fischiare Johanna?il piccolo Berra non sbaglia una nota, lì in piedi, davanti alla bara di Nils.


Il vento è arrivato finalmente e ora l'aquilone può volare!


L'allegra marcetta Sai fischiare Johanna, un foxtrot degli anni Trenta, cantato a due voci, è la miglior colonna sonora per questa piccola storia piena di tenerezza che Iperborea ha (ri)pubblicato nella sua nuova collana I miniborei che si distingue per ottimi scelte e per eleganza.
Attraversata dalla consueta lieve vena di follia che caratterizza i racconti di Ulf Stark, ancora una volta costruita intorno a un vecchio e a un bambino, come a voler dimostrare che le due categorie umane hanno parecchio da dirsi, anche Sai fischiare Johanna? lascia dietro di sé una scia di aria fresca e tersa, come spesso accade con la narrativa scandinava per l'infanzia.
Scevra da ogni sentimentalismo, racconta con serenità la storia di due ragazzini e di un nonno trovato.
A passo sicuro, con i disegni 'perfetti' di Olof Landström, il racconto va verso la prevedibile fine del vecchietto, non prima però di aver consolidato le singole relazioni umane, attraverso alcuni passaggi imprescindibili: dalla parte dei piccoli, la cura e dalla parte del vecchio, l'insegnamento.
Messo al sicuro questo snodo, la storia può in tutta tranquillità andare incontro alla separazione di nonno e nipote che, però, non ha nulla di doloroso, nella sua ineluttabilità. Al contrario, si caratterizza per leggerezza, la stessa che assume quel foulard di seta, affettuoso ricordo di un amore, quando si alza nel cielo per il suo primo volo.



Carla

Noterella al margine. Curiose connessioni tra il volo di un aquilone e la morte si possono stabilire con due oggetti diversissimi tra loro: da un lato gli endecasillabi di Pascoli (L'aquilone del 1897) e dall'altro le immagini di un ulteriore libro scandinavo in cui è di nuovo un aquilone ad accompagnare una partenza definitiva (B. Oskarsson, The Flat Rabbit, Owlkids Books 2014).




LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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WALTER E L'ADENOSINA

Il bell'addormentato, Pieter Gaudesaboos, Lorraine Francis
Sinnos 2017


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Walter dorme a colazione.
Dorme mentre dipinge.
E dorme perfino al parco giochi.
'Svegliati Walter!', dice sua madre, quando lui si addormenta nel bel mezzo della visita all'Acquario'.
'Svegliati Walter!', gli dice il poliziotto..."


Walter è un bambino sempre stanco: dorme anche quando è in piscina, alla sua festa di compleanno e durante il temporale, nonostante i tuoni.
I suoi indaffarati genitori non ne possono più e decidono di porre rimedio al sonno inestinguibile del loro bambino. Vanno da un dottore vero e da un dottore che va in televisione, ma nessuno dei due riesce nell'intento. 


Attraversano la giungla per raggiungere una saggia guaritrice, tuttavia, nonostante la sua potente pozione lo scombussoli un bel po', il sonno lo riacchiappa e Walter si addormenta di nuovo. A niente portano le sirene dei pompieri, i ragni, la macchina del solletico o una orchestra di 75 elementi. Neppure essere 'palleggiato' da una squadra di basket lo fa desistere dal suo letargo.
Più di ogni fragore e di ogni sbatacchiamento possono invece le leccatine di un cane arrivato da chissà dove.
Non sarà che tutto quel grande sonno nasceva dalla grande noia che Walter doveva combattere ogni giorno?

Non è più un sospetto: è scienza. Uno studio condotto dall'Università di Tsukuba ha dimostrato con un esperimento condotto su topini da laboratorio che l'area del cervello deputata al piacere, il nucleus accumbens, 'accende' o 'spegne' i suoi neuroni, stimolati da una molecola,l'adenosina. In tal modo gli scienziati sono riusciti a indurre sonno e veglia anche in condizioni avverse (forte luce o orario abituale di sonno dei topi). Il passo successivo è stato verificare che sull'adenosina dei topini incidono fattori motivazionali, come per esempio la presenza nella stessa gabbia di cioccolato, giocattoli o esemplari dell'altro sesso. In queste circostanze i loro neuroni del sonno si sono messi a riposo e i topini, come se niente fosse, hanno dormito molto meno e si sono divertiti molto di più.
Visto che le cose, a livello molecolare, stanno così, occorre ripercorrere all'indietro la storia di Walter e vedere cosa gli ha provocato questo surplus di adenosina nella testa. Nulla delle parole di Lorraine Francis fanno sospettare qualcosa, mentre illuminanti in tal senso sono i disegni di Gaudesaboos.
In piscina, mentre lui dorme in acqua suo padre e sua madre lavorano alacremente ai loro computer, senza degnarlo nemmeno di uno sguardo. Al parco giochi Walter dorme sull'altalena e nessun altro è nei dintorni. All'acquario padre e madre sono lì a digitare assorti su cellulare e tablet e la piovra ha gioco facile su quel bambino addormentato.
Alla sua festa di compleanno, l'invitato più giovane ha almeno quarant'anni e lui precipita nel sonno e nella torta. 
E intanto l'adenosina cresce cresce e cresce.
Per inibire la molecola del sonno, occorre un giocattolo o meglio ancora, qualcuno con cui condividerlo.
Qui le parole e le immagini convergono sull'inibitore naturale: quel cane che entra in casa, raggiunge Walter sulla poltrona e gli lecca il collo, per non mollarlo più.


Si riconferma la grandezza della chimica, ma soprattutto di Gaudesaboos che, con quel suo tratto indagatore del dettaglio, già in passato aveva convinto stuoli di critici con il bel libro Una scatola gialla. Anche in quella storia testo e immagini invitavano all'acutezza dello sguardo e del pensiero e si spalancavano verso il finale silenzioso e gigante. 
A ogni rilettura uscivano nuovi dettagli utili a comporre una visione d'insieme sul senso ultimo della storia. 
Senza fare dichiarazioni, d'altronde i designer per mestiere si affidano di preferenza alla comunicazione per immagini, Gaudesaboos va deciso alla meta, costellando le tavole di ironia e ammiccamenti verso il pubblico degli adulti: dalla prima pagina con la marca del computer paterno fino all'ultima immagine con la meritata punizione di un ciarlatano, nel buio di una città addormentata.


I più piccoli, dal canto loro, sapranno apprezzare e sosterranno l'idea che un cane ti salva sempre la vita, soprattutto se sei piccolo e un po' solo; riconosceranno i cheerios sparsi quasi ovunque, la loro torcia-cane (con carica a mano) e, di tavola in tavola, andranno in cerca dei topini bianchi, forse usciti dal laboratorio del professor Yo Oishi di Tsukuba.
Ma questa è un'altra storia...

Carla

Noterella al margine. Peccato che il silenzio dell'edizione originale sugli animali che tornano ad ammiccare dalle pagine, nell'edizione italiana sia stato interrotto dal suggerimento di cercare topi, tigre e cane.
L'attenzione e il gusto della scoperta sono un valore in sé.




FAMMI UNA DOMANDA!

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LA VITA A COLORI DI SONIA DELAUNAY


Sonia Delaunay è un personaggio fra i più interessanti, nel movimentato inizio Novecento. Insieme al marito Robert, dà vita ad una corrente del post impressionismo detta orfismo, per il suo richiamo ai ritmi musicali.
La sua originalità sta nel concepire la pittura come un insieme di esperienze sensoriali che coinvolgono totalmente chi guarda. Ma non parliamo solo di pittura; Sonia, infatti, fino quasi agli ultimi anni della sua vita, ha prodotto tessuti, arazzi, vestiti, tutti ispirati alla sua visione del colore, basata dai contrasti simultanei, dalla vivacità irrefrenabile di una giostra sempre più astratta di forme e colori.


Complicato spiegare tutto questo ai bambini, senza dover entrare nella storia delle correnti artistiche o nei riferimenti colti. La coppia Cara Manes, per i testi, e Fatinha Ramos, per le illustrazioni, ci riesce efficacemente con un albo, prodotto dal MoMA e tradotto da Fatatrac.
Sonia Delaunay. Una vita a colori ci descrive l'universo estetico dell'artista di origine ucraina, immaginando le domande rivolte alla mamma dal figlio Charles, che trova in un cassetto una strana coperta, di tutti i colori. Da qui prende il via un viaggio nella vita e nell'arte di Sonia, fermandosi prima a Le Bal Bullier, un locale parigino dove si balla il tango, per poi volare in Portogallo, in un mercato multicolore. Infine Amsterdam, in un negozio che vende i tessuti di Sonia, per poi tornare a Parigi. Ovviamente, le tappe si riferiscono alle opere dell'artista, riviste dalla brava illustratrice, che riesce a dare un ritmo vorticoso alle immagini, così come sarebbe piaciuto alla Delaunay.


Questo illustrato appartiene a una collana, che talvolta vi ho segnalato, realizzato in collaborazione con il MoMa, uno dei più importanti musei per l'arte moderna. Ed è anche uno dei volumi più riusciti, con un testo che dà molto spazio alle immagini, le lascia parlare, rendendo chiaro intuitivamente il senso dell'originalità di queste opere d'arte. Aprire questo libro è farsi accogliere da un vortice di colori vivaci, in continuo movimento, e non è difficile immaginare un sottofondo musicale a ritmo di fox-trot.


Strumento didattico o viaggio nell'immaginario novecentesco, mi sembra un bel regalo di natale per bambine e bambini curiosi a partire dagli otto anni.

Eleonora

“Sonia Delaunay. Una vita a colori”, C. Manes e F. Ramos, Fatatrac 2017




LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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ESSERE GENTILI

Ma cos'è una... mitzvà?Liz Suneby, Diane Heiman, Larel Molk
(trad. Rosanella Volponi)
La Giuntina 2017


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Una mitzvà non la si può toccare.
Non ha un odore (a meno che
non si tratti di una minestrina
di pollo fatta in casa).
E non la si può comprare."

Queste sono un paio di cose che una mitzvà non è.
Facendo un passo indietro, anzi per la precisione una dozzina, si arriva alla domanda chiave che tre topetti pongono a una mangusta in vena di spiegazioni: che cos'è una mitzvà? 


Il suricato non perde tempo e, appendendosi a liane, appoggiandosi su piedistalli o dondolandosi su una amaca, punto per punto, spiega ai tre topi attenti cosa sia una mitzvà. A voler essere ancora più precisi, la mangusta declina in dodici differenti esempi un unico modo di vivere la vita. Lo spunto glielo offrono scimmie, leoni, struzzi, foche, castori e zebre con il loro fare. 


Ci sono orsi polari che si spartiscono un pan brioche, ci sono canguri che fanno la raccolta differenziata, ci sono struzzi che fanno progressi nel nuoto, ci sono pecore che lavorano a maglia, e ci sono zebre pacifiste e anche procioni che fanno minestrine di pollo...per la leonessa.
Per spiegare il senso della mitzvà la mangusta non fa altro che fermarsi a osservare scene di vita animale quotidiana e a commentarle per i topi in ascolto con poche ma significative parole.
E così si scopre che la mitzvà è condividere un pasto con chi non lo ha, mitzvà è avere a cuore le sorti del pianeta, è incitare chi si sforza di raggiungere un obiettivo, è dare qualcosa a chi non possiede nulla, è prendersi cura di chi è malato, è aiutare a fare pace.



Ecco, per esempio, aiutare a fare pace: in sostanza agire in modo che tra due litiganti, la pace possa essere raggiunta senza passare per la forza. Spunto di riflessione quanto mai attuale, considerato anche il contesto in cui il libro nasce. Oppure ancora: perdonare qualcuno che ha fatto un errore, o essere d'aiuto per chi è vecchio, o condividere un pasto con chi non ha altro, o ancora incoraggiare chi non ce la sta facendo, non sono forse tutte cose che hanno a che fare con la gentilezza?
Topi e manguste a parte, la dozzina di declinazioni che in questo libro la mitzvà racchiude in sé porta immediatamente a creare un nesso con un'altra dozzina di 'suggerimenti' dal piglio piuttosto imperativo, visto che 'comandamenti' li hanno chiamati.
In un piccolo blog che si occupa di libri, la delicata questione confessionale - ebraica o cristiana che sia - sarebbe decisamente troppo sacrificata, quindi forse è meglio sospenderla e sollevare il ragionamento per renderlo libero, libero il più possibile.


E in questa lettura più libera del mitzvà che mi permetto di suggerire, è possibile apprezzarne il valore universale, primigenio, e in qualche modo il suo portato controcorrente rispetto ai tempi che si vivono.
In questo senso mitzvà (che anche graficamente sembra volersi un po' smarcare dal mitzvah/ comandamento) può permettersi di perdere la sua connotazione di 'dodecalogo' e diventare terreno più morbido e accessibile su cui poter ragionare con dei bambini e delle bambine.
Pur non potendo non notare che nel suo significato ultimo lo stile di vita cui si allude nel libro ha un qualcosa di 'originario' nella sua purezza e semplicità, è il suo carattere rivoluzionario ad avermelo reso così tanto apprezzabile.
D'altronde, cosa ci può essere di più rivoluzionario che dire a un bambino che essere una brava persona, ovvero essere gentile con gli altri, lo farà sentire meglio?



Carla

Noterella al margine. Cercando di fare esercizio di mitzvà sono qui a perdonare certe ineleganze grafiche.

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

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WARREN E LA STREGA


Un curioso mix per un libro originale, creato da due esperti creatori di fumetti, Will Staehle per l'idea originale e per i disegni, e Tania Del Rio per i testi: Warren 13° e l'Occhio cheTutto Vede, pubblicato recentemente da Rizzoli.
Un curioso, divertente ibrido che mescola linguaggi, il fumetto, il romanzo, l'illustrato e che mescola generi, dall'avventura, al racconto magico, a un pizzico di horror, con streghe perfide e mostri buoni.
La prima cosa che si nota di questo libro è l'aspetto, copertina rigida di un rosso squillante, formato inusuale, 20x22, una grande cura nell'impaginazione e nelle illustrazioni.


La seconda è l'essere chiaramente rivolto a un pubblico di lettori e lettrici intorno ai nove, dieci anni, con una trama avvincente ma anche abbastanza 'ingenua' da essere apprezzata da lettori non troppo smaliziati.
Ma veniamo, appunto, alla storia: Warren 13° è l'erede di una dinastia di Warren, proprietari di un grande albergo, ora in decadenza; a gestirlo ci pensa lo zio Rupert, dopo la morte del padre del giovane protagonista. Ma lo zio, oltre ad essere incorreggibilmente pigro, ha anche perso la testa per l'odiosa Annaconda (occhio al nome), in realtà una strega alla ricerca dell'Occhio che tutto vede. Cosa sia esattamente questo oggetto, nessuno lo sa; c'è un diario, lasciato da un antenato, pieno di enigmi e di indizi, che in molti vorrebbero possedere, pensando di diventare così molto potenti.


In questa ridda di personaggi 'da fumetto', che sono tratteggiati in chiave chiaramente grottesca, si aggirano streghe sotto falso nome, affaristi, pirati, nonché streghe buone, mostri fischianti, un cuoco sopraffino ed un precettore che veglia sul destino della casata.
Si susseguono i colpi di scena, i tradimenti e i finti tradimenti, con scontri feroci di arti magiche e non, per arrivare alla sorpresa finale, che ovviamente non svelerò.


Una proposta originale, quindi, diversa dai consueti canoni della narrativa per questa fascia d'età, presentata con grande cura a un pubblico poco abituato a frequentare romanzi illustrati, in cui l'immagine è l'ossatura portante di tutto il libro. Una lettura divertente, che, come ho già detto, attraversa i generi in modo inconsueto, consentendo una lettura scorrevole per tutte le duecento pagine.
Aspettiamo l'annunciato seguito per vedere se si confermeranno queste scelte originali.

Eleonora

“Warren 13° e l'Occhio che tutto Vede”, T. Del Rio, W. Staehle, Rizzoli 2017


LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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DELLA NOTTE E BASTA

Storie della notte, Kitty Crowther (trad. Lisa Topi)
Topipittori 2017


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Non molto lontano da qui, in mezzo al bosco, viveva la custode della notte.
Ogni sera, prima che facesse buio, suonava il gong.
Dooooonnnng - Dooooooong
'È giunta l'ora di andare a dormire', gridava la custode, 'tutti, grandi e piccini'.
'Aspetta', supplicò il pesce, 'voglio giocare ancora un po''.
'Ti eserciterai domani a saltar fuori dall'acqua'.
Dooooonnnng - Dooooooong"

Ed è così che comincia il primo dei tre racconti che Mamma Orso ha promesso al suo piccolino che le ha detto tre volte ti prego.
La custode della notte, dopo aver messo a dormire pesci, formiche ed ermellini, torna a casa per trovare anche lei il suo sonno, ovvero la sua stella che la porterà fino a domani. Non prima di un altro colpo di gong e di un gioco con se stessa.
Il racconto di Mamma Orsa prosegue con la storia della ragazzina con la spada che si è perduta: la piccola Zhora in cerca di mora. Tra tramestii e pipistrelli anche la sua avventura si conclude con un buon sonno, per poi lasciare posto alla terza storia in programma: quella di Bo, un omino con cappello e cappotto che ogni notte va in cerca del sonno perduto. Nonostante le piume di civetta lunatica che gli rendono morbido il letto, Bo si gira e rigira insonne e parte verso il mare con l'idea di trovare il suo amico Otto, lontra poeta sui sassi. Un buon consiglio, un regalo, una poesia e un caro amico sono gli ingredienti necessari perché anche Bo abbia un sonno sereno.
E quello di Orsetto, di sonno? Con la stella giusta e le tre promesse fatte da Mamma Orso che sono ponti verso domani, può chiudere gli occhi e addormentarsi tranquillo tra bambine, custodi e omini.

Piccolo, quasi quadrato, rosa, meravigliosamente e fermamente rosa (di un rosa che non ha uguali; un rosa quasi fosforescente che fa da sfondo, che si sfuma con l'acqua e che colora di sé persino il firmamento ed è ideale contrappunto con i diversi neri che lo circondano) il nuovo libro di Kitty Crowther riconferma il valore di questa autrice.
Uno a uno si ritrovano i motivi che caratterizzano il suo stile, il suo registro, il suo tono e i temi a lei cari.
All'interno della storia cornice che ne contiene altre tre, ancora una volta la Crowther costruisce una calda, accogliente e rassicurante relazione piccolo-grande. Nonostante gli orsi protagonisti, lontana anni luce da ogni mielosa cadenza, sulla scia di Minarik e Milne.


Una Mamma Orsa affettuosa e nello stesso tempo ferma nel tenere la barra del timone di una barca che sta per intraprendere il viaggio notturno del suo piccolino. Condiscendente nel raccontare tre storie al posto di una e partecipativa nel saper creare aspettativa verso nuovi progetti per il domani: raccogliere more o scrivere sassi, Mamma Orso è solida nel suo ruolo. Disegnata nel suo grigiore peloso ha sempre un lieve sorriso e gli occhi attenti e pieni di cura, rivolti a Orsetto, unico vezzo concessole: un gonnellone a righe che le copre le zampe, evidente omaggio alla mamma di un altro Orsetto, quello di Minarik e Sendak, appunto.
Accanto ai due protagonisti della storia cornice, una sfilata di personaggi unici, belli nella loro imperfezione, aggraziati nelle loro sproporzioni: dalla custode dalle lunghissime e ordinate chiome (che richiama la capelluta mamma di Medusenkind), alla bambina con la zucchetta a pois e le trecce (che rende omaggio a Elsa Beskov e nella postura alle bambine di Astrid Lindgren), fino al goffo e tenero Bo con Otto, la lontra poeta.

L'altra confortante conferma risiede nei contesti che la Crowther crea. Da un lato gli interni: una tana calda quella degli orsi, una grotta accogliente quella della custode della notte, con materasso di foglie, scendiletto, panorama stellato dalla finestra e brocca dell'acqua per sete notturna. Altrettanto accoglienti la tana di Jacko Mollo con teiera e stufa economica, e quella di Bo, un nido dismesso pieno di morbide e calde piume. Pochi segni, apparentemente incerti, creano l'atmosfera calda di quattro piacevoli ripari dal buio e dal freddo notturni che però trovano sempre modo di comunicare con l'esterno.

Dall'altro, per l'appunto, gli esterni: con la botanica diffusa, animata e in qualche misura parallela a quella nota. Funghi, fiori, erbe, cespugli, fusti, tronchi e rami espressionisti, ottenuti con linee parallele di molti colori. E con la notte, essa stessa da considerare personaggio accanto agli orsi, a Bo, alla custode e a Zhora.
Appare declinata talvolta con ombre scure di boschi e cespugli, ma più spesso con un orizzonte rosa acceso (che ricorda più l'aurora, se non fosse che è stellato) che ne connota e conferma la quasi univoca scelta cromatica e la sua originalità rispetto alla consuetudine di colorarla di scuro.


Accanto a tutto questo ruota l'indefinitezza, data da certa incertezza e velocità del tratto a matita, che ha il compito implicito di sfumare i contorni (si potrebbe dire confondere lo sguardo verso l'inessenziale) per creare una sorta di alone foschioso (come quello che si crea talvolta intorno alla luna), di sogno impalpabile, di tempo sospeso in cui tutto accade.


Ecco, si potrebbe ancora parlare del tempo sospeso che è un ulteriore carattere comune in diversi suoi libri, oppure concentrarsi sull'aspetto un po' magico, quasi mitico, che permea personaggi e situazioni. Purtroppo però sento in lontananza, ormai da ore, un gong che suona anche per me...
Sarà per un'altra volta.

Carla

Noterella al margine: che bellezza che nel titolo non c'è traccia dell'aggettivo che da sempre perseguita la parola notte. E' finalmente una notte e basta. Come è giusto e saggio che sia.


ECCEZION FATTA!

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 DI RAGAZZE E DI SCIENZA


In una fiera rinnovata e affollata, si è svolta una piccola tavola rotonda che riguardava il tema, negli ultimi tempi ricorrente, della divulgazione nell'editoria per ragazzi.
Presenti, insieme a me, Claudia Bianchi, Vichi de Marchi, Teresa Porcella e Nadia Terranova.
Ci sono stati alcuni punti su cui si è innescato il dibattito, che provo a sintetizzare così:
  1. L'editoria per ragazzi ha perso attenzione nei confronti della divulgazione scientifica?
  2. Si è davvero innalzato il livello della produzione editoriale e quali sono le sperimentazioni più interessanti?
  3. Esiste una specificità nel rapporto fra scienza e ragazze? Esistono realmente differenze di genere in questo ambito?
Quanto al primo punto, credo sia necessario fare chiarezza. E' un dato di fatto che, rispetto agli anni 80/90, alcune collane siano scomparse, senza essere sostituite da nulla di equivalente: sono scomparse le trattazioni enciclopediche, le grandi collane a volumi monografici, i grandi repertori fotografici, nonché collane minori di editori d'avanguardia come E.Elle. Si è perso soprattutto qualsiasi progetto che avesse una visione d'insieme, mentre alcuni grandi editori si sono accontentati di ristampare all'infinito, con poche modifiche, testi ormai superati; questo spiega perché al momento ci siano così grandi lacune nella trattazione divulgativa. E' come se tutti gli editori si concentrassero sugli argomenti di maggiore fruibilità commerciale, con le debite notevoli eccezioni, a cominciare dall'eroica, e premiata, Editoriale Scienza.
Questo non significa che non ci siano innovazione e sperimentazioni validissime, ma solo che la produzione è a macchia di leopardo, con picchi di elevata qualità e scarsa inventiva per quella produzione 'media' di cui c'è un grandissimo bisogno.

Il punto due. Bisogna fare una premessa: le curiosità dei bambini e delle bambine non hanno limiti, siamo noi adulti spesso a decidere se un argomento 'non è adatto'. Col crescere, gli interessi si definiscono meglio, ma questo non significa che il campo della ricerca potenziale sia limitato. La possibilità di sperimentazione in campo editoriale potrebbe essere enorme, mentre buona parte dell'innovazione riguarda l'uso dell'illustrazione, la funzione delle immagini disegnate; molto apprezzato, ma legato a una fascia d'età limitata, lo sconfinamento verso la narrazione e l'albo illustrato, mentre la pregevole produzione a livello biografico non può sostituire una trattazione più organica in campo storico. Va anche sottolineato che talvolta, proprio in alcuni editori d'avanguardia, siano presenti sciatterie ed errori che sarebbero facilmente evitabili con una maggior cura editoriale. Come lo spieghiamo? L'intelligenza di bambini e bambine andrebbe maggiormente rispettata.

Il punto tre. Allargherei il discorso verso una 'questione sociale' che tendiamo a ignorare. Se date un'occhiata al rapporto 2018 di Save the Children sull'infanzia in Italia, in relazione all'istituzione scolastica, non potete non constatare che si allarga l'area di povertà, soprattutto nel Meridione; nell'indagine Pisa del 2015 si riscontra che un alunno su 4, parliamo di ragazzi di 15 anni, non ha sufficienti competenze matematiche. Sempre secondo questo rapporto un quindicenne su due, appartenente agli strati di popolazione più poveri, non ha sufficienti competenze linguistiche, con un gap enorme rispetto a ragazzi cresciuti in ambiente benestante. E la scuola fatica a contrastare queste differenze.
Questa premessa è necessaria se si vuole inquadrare lo specifico delle bambine e la scienza: dopo venti anni 'regressivi' non possiamo che pagare lo scotto di un parziale arretramento, a livello generale, quindi non nelle famiglie informate, colte e con disponibilità economiche, sul tema delle differenze di genere. C'è, quindi, un sovrapporsi di difficoltà, che riguardano sia il ritardo culturale che investe alcune aree del Paese, sia una certa diffidenza rispetto alle materie scientifiche, che un retaggio 'antico' che considera, anche con il maggior affetto possibile, le ragazze inadatte a svolgere determinati ruoli. Dispiace constatarlo, ma sì, esistono ancora persone che, convinte del proprio pensiero, affermano che l'astronomia è 'troppo astratta per le ragazze'. E se la scuola non riesce a fare il proprio mestiere, chi spingerà le ragazze verso una maggiore competenza tecnica e scientifica? Non bastano, anche se aiutano, le belle biografie di scienziate, non basta l'enfasi sulle bambine ribelli o sulle donne di successo. Ci vuole un grande lavoro che abbracci tutta la società a partire dalla scuola, ma ciascuna di noi, nel proprio ruolo, deve prendere seriamente questo discorso.


Ho assistito con emozione, durante l'ultimo Festival di Internazionale di Ferrara, a un incontro con Angela Davis, leader del movimento nero degli anni Sessanta in America. Lei ci ha detto, con un grande sorriso, che questo è un bel momento per i più giovani. Per lottare. 
Svegliatevi, ragazze. Svegliamoci tutti e tutte.

Eleonora

“Atlante dell'infanzia a rischio. Lettera alla scuola”, Save the Children Italia, Treccani 2017


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IL REGALO NEL REGALO

(dal canarino all'elefante)*



Budino di limone

Ci sono molte cose che nascono per caso...e hanno il gusto del regalo.
E a proposito di regali: fare regali al mio vecchio amico Paolo non è sempre facile: ha già molto e quel che non ha ancora, se lo regala da sé, in men che non si dica.
Su una categoria merceologica però ci sono varchi ancora aperti, in cui chi ha desiderio di fargli un regalo può trovare spazio: il cibo.
I carciofini, il pane e, di recente, le scorze di limone candite.
I limoni devono essere quelli amalfitani, non trattati.
Non qui e non ora la ricetta delle scorze, quanto piuttosto una ricetta per utilizzare il succo di quei bei limoni, nudi....

Ingredienti
600 ml di latte
4 cucchiai di maizena
4 cucchiai di acqua fredda
130 gr di zucchero
il succo di due limoni
qualche scorza di limone non trattato

Prendete il latte e portatelo a ebollizione con lo zucchero e le scorze del limone
In un bicchiere sciogliete la maizena con l'acqua fredda.
Spremete i due limoni e filtrate molto bene il succo.
Quando il latte è in ebollizione aggiungete la maizena e girate con una frusta perché non si creino grumi. Togliete dal fuoco e continuate a girare per un po'. Quando è stiepidito aggiungete il succo di limone e mescolate.
Ultimo passaggio: versate attraverso il passino l'intero composto in capienti tazze o ciotole e mettete in frigorifero per almeno tre ore.
Il budino che ne risulterà è rinfrescante, digestivo, perfetto per il dopocena mio e del prof. 

 
Ma anche a merenda.

Carla 

*Crushiform, Colorama, L'ippocampo Ragazzi, 2017



LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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SERVE BEN POCO ALL'ERBA...
Haiku Poesie per quattro stagioni più una, Silvia Geroldi, Serena Viola
Lapis 2017




POESIA

"Salto le foglie
ma solo quelle gialle.
Cioè quasi tutte.[...]

Raccolgo fiori
e li farò seccare.
Belli per sempre. [...]

Sogno battaglie.
È piena di promesse
la prima neve. [...]

Uova azzurrine.
Dentro il mio rosmarino
quattro prìncipi."


Bambini e bambine, un certo numero di cani, un ragno che è fuori, varie farfalle, il sole, la luna, diversi uccellini, molti alberi, rane, carpe e papaveri: sono loro che abitano le pagine di questo libro.
Talvolta le attraversano a gran velocità, come per esempio i cuccioli che giocano con un bastone e una palla o la bambina che salta le foglie o che capriola sul tappetto di casa, sognando sia un prato.


In altri casi sulla pagina si spande l'acqua di un lago di carpe o di rane assenti, oppure è inondata dal mare o dal volo di farfalle spaventate da un taglia erba.
Il più delle volte però il bianco fa da sfondo al rosso dei papaveri, al viola delle viole, al grigio dell'asfalto, al blu di un lago, al verde dei cespugli. Che sono soprattutto grandi macchie di colore.
Quaranta haiku che raccontano lo scorrere del tempo, delle quattro stagioni e della quinta: l'infanzia, la stagione del gioco.


L'haiku, come quasi tutto ciò che ha radici in Giappone, è un oggetto di precisione. Una opera d'arte bonsai, dove la bellezza è racchiusa in una forma minuscola.
Esatto, votato a un preciso ordine interno, l'haiku è un'espressione artistica fatta di delicatezza e attenzione.
Sommamente semplice nella forma e profondo nel contenuto.
Un meccanismo perfetto, ideato per raccontare - in estrema sintesi - le suggestioni del tempo e della natura. O per meglio dire, della relazione tra i due. L'haiku, nei tre versi che lo compongono e nella scansione ritmata di cinque, sette e di nuovo cinque sillabe (in realtà si tratta di more), nasce in Giappone nel XVII secolo con lo scopo di raccontare in un lampo, in sole tre righe, suggestioni, vibrazioni dell'anima. Di un'anima immersa nella natura, compartecipe.


L'elemento che mi pare più intrigante in un haiku, uno dei suoi caratteri peculiari, è quello di contenere in sé, nonostante la concisione che lo distingue, la possibilità di uno scarto di prospettiva.
Per chiarire cosa si intende, spesso appare citato uno degli haiku più noti, quello di Mizuta Samahide, che dice:
Il tetto si è bruciato:
ora
posso vedere la luna.
E proprio riguardo a questo meraviglioso scarto, repentino cambio di prospettiva nel leggere la realtà,mi pare che il libro di Silvia Geroldi e di Serena Viola, contenga elementi di interesse.
Va detto che non tutti gli haiku di questo libro la assecondano, questa 'deviazione' inaspettata, tuttavia quando essa accade al lettore risulta più semplice e naturale spiccare il proprio volo immaginativo.
In questa prospettiva,gli haiku che aprono questa pagina possono essere esemplificativi.


E se ancora vogliamo ragionare di scarto, possiamo notarne un secondo, altrettanto interessante. Quello che esiste tra testo e immagine.
Laddove il testo -suppongo- è il frutto di un lento lavoro di limatura, di perfezionamento, di ponderazione e riflessione, in sostanza è l'esito di un'operazione di cesello della lingua espressiva, il disegno invece è quanto di più immediato, spontaneo, attivo, estemporaneo si possa immaginare.
Parole scelte e misurate, disposte con calma secondo un ordine preciso che si alternano a gesti pittorici forti, improvvisi, agitati, mai definitivi.
Alle asciutte tre righe rispondono macchie di colore dato a larghe pennellate materiche, segni a matita frettolosi e imprecisi.


A una parola che si esprime con parsimonia risponde un disegno abbondante, pirotecnico.
Eppure questi due codici che tra loro sono divisi da un evidente scarto sono quanto di più armonico si possa immaginare.
Perché accade?
Da un lato c'è la convergenza di testo e immagine verso un ritmo che deve essere fulmineo, ma dall'altro credo che la ragione principale sia nel nocciolo più profondo che ogni buon haiku racchiude in sé: in quelle tre righe si assiste al disvelamento di un mondo tutto nuovo.
Non è forse questo uno degli eventi più vivaci e folgoranti cui la nostra mente possa assistere? Evviva i 'fuochi d'artificio' di Serena Viola.


Carla

Noterella al margine. Per rispetto della precisione giapponese e delle menti dei lettori, sarebbe stato bello che nell'introduzione Silvia Geroldi avesse spiegato meglio il canone metrico della sillabazione di un haiku. Da me, perduta, che contavo con le ditina le sillabe, è arrivata in soccorso Chiara Stancati con la sua sinalefe.

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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 ATTENTI AL PASSERO

Guarda fuori, Silvia Borando
Minibombo 2017


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)

Nevica. Solo un albero spoglio nella notte. L'unica luce è quella di una finestra. Ad essa sono affacciati, ben protetti dal vetro, una bambina dalle trecce rosse e un bambino dai capelli blu. 


Sorridono e poi indicano qualcosa sulla destra nell'arco della loro visuale. Ma non della nostra che stiamo leggendo.
Ed ecco di nuovo il cielo della notte, di nuovo la neve che cade, l'albero spoglio, ma una nuova presenza appare sulla pagina innevata: un uccellino grigio con le ali rosse.
Immobile è lui che ha attirato l'attenzione dei due bambini chiusi in casa. 


Adesso è di nuovo la finestra a essere inquadrata. I due bambini indicano qualcosa che è al di là dei vetri, sulla sinistra. Qualcosa che genera in loro un sorriso.
Di nuovo il cielo notturno, la neve, l'albero spoglio e l'uccellino, ma una nuova presenza appare sulla pagina innevata: tre conigli rosa.
Sono loro che hanno attirato l'attenzione dei due bambini chiusi in casa.
Adesso è di nuovo la finestra a essere inquadrata. I due bambini indicano qualcosa che è al di là dei vetri, davanti a loro. Qualcosa che genera in loro un certo stupore lievemente preoccupato.
Di nuovo il cielo notturno, la neve, l'albero spoglio e l'uccellino, i tre conigli, ma una nuova presenza appare sulla pagina innevata: un gatto che guarda con desiderio l'uccellino.
Il gioco si ripete, perché è di nuovo la finestra a essere inquadrata. Dietro i vetri i bambini sono molto preoccupati...


Con un tratto consueto, semplice, con colori piatti, il nuovo libro di Minibombo gioca, come spesso accade.
Questa volta gioca con il dentro e con il fuori che si alternano con la precisione del pendolo. Prima un fuori buio e nevoso, abitato da animali tra loro non esattamente pacifici, cui segue un dentro luminoso, caldo e abitato da bambinetti espressivi.
La mimica facciale è la seconda chiave del libro. Attraverso gesti minimi, sguardi espressivi, noi lettori siamo messi a parte dello stato d'animo di bambino e bambina. Intuiamo che stiamo assistendo a qualcosa di bello quando li vediamo sorridere; a qualcosa di pericoloso quando li vediamo a bocca spalancata; a qualcosa di rassicurante quando li vediamo esultare. 

Quando però li vediamo sparire, e la finestra è vuota, intuiamo che qualcosa di tremendo deve essere accaduto. Ed infatti così sembrerebbe....o era tutto uno scherzo? Una burla per occupargli il posto al calduccio e lasciar loro all'addiaccio con un palmo di naso.
Ben costruito, perché giocato in assoluto silenzio attraverso un codice di comunicazione insolito: lo sguardo.


Penso a capolavori come Questo non è il mio cappello di Jon Klassen che è raccontato tutto attraverso gli sguardi del grande tonno. La sua potenza ironica nasce nella discrasia tra testo e immagine. Bella idea.
Qui siamo davanti a qualcosa di analogo, anche se costruito più in economia.
Alcune soluzioni mi hanno fatto molto ridere e mi hanno fatto ben sperare che Silvia Borando abbia ritrovato la sua vena più tagliente, quella di Apri la gabbia! per intenderci: la mia preferita.

Carla

Noterella al margine. Massimamente divertente l'uccellino che, nella sua fissità, denuncia di essere un fantoccio, quindi parte di un piano strategico dei protagonisti animali che hanno in progetto di impossessarsi di uno spazio al chiuso a loro di norma interdetto. Per non parlare del coniglio sputato.

ECCEZION FATTA!

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BABBO NATALE È UNO DI NOI! (ne ho le prove)



Io non so se i grandi che leggeranno questo anomalo post almeno per qualche giorno all'anno percepiscono una insolita quanto magica comunanza di intenti con Babbo Natale.
A me capita. E capita di desiderare non tanto i suoi abiti, o la sua risata chioccia, quanto piuttosto gli elfi, piccoli aiutanti infaticabili. Ma sono soprattuttto le renne quelle che mi mancano nel traffico della città...
Desiderare di esserlo e non riuscirci fa la differenza ed è dimostrazione che babbo natale, lui è un'altra cosa!!
E se così è, fino a qualche giorno fa sono stata ferma nel credere, allineandomi con i più piccoli, che Babbo Natale fosse una figura mitica. E come tale non avesse nulla di umano.
Ma poi ho trovato un libro che, con la precisione di un libro di scienza, mi dimostra che Babbo Natale è uno di noi.


Il libro, pubblicato da Clichy è Una giornata con babbo natale, di Soledad Bravi, che considero autrice di massima fiducia.
Per prima cosa, il nome babbo natale è scritto minuscolo, come a voler sottolineare che lui è uno qualunque.
Sfogliandolo, apprendiamo che ha una sveglia digitale che lo fa alzare ogni mattina e che, come tutti noi, fa colazione con pane e marmellata, si lava bene le ascelle, cantando sotto la doccia. 



Si lava i denti, si pettina (anche il barbone). Si mette mutande a righe e calzettoni a pois, quindi camicia (senza neanche sbottonarla!!) pantaloni, cappotto (!), stivali e cappello d'ordinanza e va dalle renne, le coccola (senza di loro, sarebbe davvero nei guai) 



e quindi comincia la sua UNICA giornata di lavoro con i regali sulla slitta, portati dagli elfi. Ed è a questo punto che si ha la prova provata che babbo natale è uno di noi: con gli elfi si fa un s-elfie.

Abbiate tutti un po' di gioia intorno, che siate babbo natale o meno....



Il blog entra in pausa 
e va a coccolare le proprie renne
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