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LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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"...E PIANGERE È IL NOSTRO LAVORO"

Piangete, bambini!, Alberto Masala, Daniela Pareschi,
Il Barbagianni editore 2017


POESIA

"PITTÒRICA PIANGE

Se mette le scarpe
per andare a scuola,
Pittòrica piange.
Lo sa che si deve
portare
le scarpe se piove.
Ma non c'è rimedio: lei ama
le scarpe che mette ogni giorno.
Le indossa vedendo
commossa le scarpe invecchiare.
E piange d'amore di scarpe."

Una delle venticinque (+6 che si vanno ad aggiungere, nell'avanzo del libro) poesie scritte da Alberto Masala per istigare giovani lettori e lettrici al pianto e per rendere un 'modesto omaggio' ad Aldo Palazzeschi. 


Così come recita in modo esplicito il titolo, non è possibile non commuoversi per la triste storia del bambino Nicola sull'albero sbagliato: un pero a lui che non ama le pere; o per la storia di Agapito Sella e famiglia, o del bimbo Tapino dalla cui mamma è spedito in piscina per far sì che, tra una lacrima e l'altra, impari a nuotare.
Bambini che si piangono addosso, oppure, come accade a Pittòrica, che si commuovono sulle scarpe che invecchiano.
E a questi si aggiungono Edipo Del Cuore che sogna una mamma, anzi tre, e Francesco Rimorsi che gira in mutande e ruba banane a suo zio Scimpanzè.

Poesie così fan saltare dalla sedia. Ma è Masala, perché stupirsi? Più lo leggi più lo leggeresti, piano ma anche e soprattutto ad alta voce, per molteplici ragioni che vanno dalla bellezza in sé, alla musicalità data dal suono delle parole scelte, all'ironia che si intreccia con l'assurdo, alla ricercatezza e alla cura messa nel verso e finanche in ogni singola virgola, che segna la pausa del fiato.
Precisi meccanismi a orologeria, le poesie si dispiegano nello specchio di una pagina, confine ideale che non devono mai valicare. Filo rosso che le tiene insieme è il pianto nelle sue declinazioni: lagna, singhiozzo, piantarello, scroscio disperato.
Mi rimane sempre difficile, perché ne constato ogni volta il limite, riuscire a scrivere dei libri di poesia che mi colpiscono. Credo dipenda dal fatto che se racconti la bellezza, di fatto la smonti. 


Tuttavia, con un po' di goffaggine, provo a mettere in sequenza alcuni valori che riconosco a questo libro che ai più potrebbe sfuggire, perché di una casa editrice piccola piccola e con un catalogo 'divergente', almeno riguardo alla resa estetica, rispetto a Piangete, bambini!
Il primo valore, in ordine di apparizione e non di importanza ben inteso, è dato dalle due introduzioni (il libro ha due copertine contrapposte e capovolte, due parti diseguali che si incontrano a un certo punto. L'una contiene 25 poesie, l'altra, detta l'avanzo, ne contiene solo 6).
Pretesto, peraltro subito smentito dai fatti, della separazione sta nella dedicazione a un pubblico di adulti, del cosiddetto avanzo.
Non è così: la poesia è per tutti, per cui mischiamo le letture e non succederà nulla di male. 
Riguardo alle due introduzioni, invece, una distinzione ha la sua ragion d'essere. In quella per gli adulti, di Alessandro Giammei, cui fanno seguito un paio di appunti dell'autore sulla genesi del libro, si toccano alcuni aspetti nodali dell'opera.
A parte una breve ricostruzione storica dell'errore di valutazione, nato con Croce, riguardo alla poesia adatta ai bambini da tenere distinta rispetto alla poesia alta, Giammei elenca le gemme di questo libro e io gli vado dietro.
La prima, la deontologia con cui Masala scrive ai piccoli. Lo stesso rigore di sempre che gli permette di non abbassarsi per essere capito, ma al contrario, di mantenere alto e, aggiungerei, universale, il suo canto. Un grande mestiere che denuncia la consuetudine a lavorare con ritmo e accento, tanto da rendere sonoro ogni verso. E in questo torna l'omaggio voluto nei confronti di Palazzeschi in una rivisitazione totalmente personale - non è esercizio di stile, sia chiaro - dell'assurdo che si intreccia al simbolismo, del gioco di parole che radica sulla compostezza classica. In questo senso il verso di Masala, come lo fu quello di Palazzeschi, non delude mai, torna sempre a completarsi nella rima finale che lo tiene lontanissimo dalla cantilena.


La seconda, o forse è già la terza?, gemma: stupore sonoro dopo stupore sonoro, Masala ha l'abilità di costruire in ogni poesia un piccolo racconto, dai finali a sorpresa, il più delle volte.
Per citarne uno su tutti: Dracone che non vuole assaggiare né antipasto né pasto e dice 'se mangio mi sento commosso'. A lui quella gru non va proprio giù, vorrebbe mangiare fagioli e formaggi. E' dura la vita di un vegetariano tra i coccodrilli!


L'altro merito è dato dalla dimestichezza di amministrare il linguaggio. 
Generoso e senza confini, Masala inventa toponimi e nomi propri, veri giochi, che ogni volta sono una festa: la magia si fa parola, o viceversa? Nomi e luoghi diventano immediatamente allusione: Severo, Tapino, Sola e Grave, Zio Tantalo Birra, con i nipoti Curiosa ed Andante, Effigie, Giallastrico, Altisonante, Edipo del Cuore, Sorte in provincia di Niente fino ad arrivare a Redenta Volante.


Ultimo, il merito di aver scelto un filo rosso controcorrente: il pianto fa bene. A parte lucidare gli occhi e renderli ancora più profondi nello sguardo, il pianto fa bene, ed è qui l'ennesimo guizzo, ai bambini!
In questa grossolana e parziale operazione di smontaggio, un valore va riconosciuto ad alcune illustrazioni di Daniela Pareschi, che spesso, anche se non sempre, sa essere allusiva e misteriosa almeno quanto lo sono i versi di Masala. Seppure con esiti discontinui, mi pare di cogliere una buona capacità di organizzare lo spazio e di creare - anche in senso metaforico - prospettive insolite: proporzioni mutevoli, teste tagliate, ombre evocative, primissimi piani, pagine a vignette che hanno da dire qualcosa rispetto al segno e al colore. Una cosa però mi lascia perplessa: le due copertine che, forse, non concedono respiro al disegno, che invece  's'impasta' con tanto, troppo testo.
Ma non piangerò per questo...

Carla

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

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ELOGIO DELL'ANARCHIA


Un maestro e la sua allieva, impegnati insieme nella produzione di un nuovo albo: è quello che accade al grande maestro Quentin Blake, autore del testo, e della sua allieva Emma Chichester Clark.
L'albo illustrato di cui parlo è Tre scimmie dispettose, meritoriamente tradotto da La Margherita; protagonista Arabella De Nuvolis (Nilda Snibbs nell'originale), una prosperosa signora amante dei cappellini variamente adornati, limpida espressione di perfetta educazione e buoni sentimenti. Emma Chichester Clark, per dare vita al personaggio, sceglie un'ambientazione parigina, anni '30. 

 
Arabella ha una casa piena di ninnoli ed è una persona sicuramente amabile. Ha tre graziose scimmiette, Plinio, Baldo e Lulù. Quando lei esce, loro inevitabilmente si annoiano, ma ci sono tante cose interessanti in casa: un giorno è il salotto, con il vaso di fiori, il giornale e il lavoro a maglia di Arabella; il giorno dopo la cucina, con la zuppa di pomodoro, il secchio dell'immondizia e tante spazzole, poi il bagno con rotoli interminabili di carta igienica e tanto shampoo profumato. Ogni giorno Arabella esce con uno sguardo sempre più apprensivo e il suo ritorno è inesorabilmente pieno di sorprese. La gentile signora davvero non ne può più. 



Un giorno ritorna a casa e trova stranamente tutto in ordine, in salotto, in cucina e persino nel bagno: si fa strada un bruttissimo pensiero, dove sono finite le tre scimmiette? La vita diventa improvvisamente grigia e Arabella si dispera. Piange fiumi di lacrime e per cercare un altro fazzoletto apre l'armadio della camera da letto ed ecco ricomparire le scimmiette dispettose. Tutto a posto? Naturalmente sì, nel senso che ricomincia il circo, il ciclo perpetuo di inutili raccomandazioni, infiniti dispetti e amorevole compagnia.


Non poteva che essere concepita così questa storia, con un testo che è un elogio dell'anarchia della vita, della confusione che la presenza di un altro, un diverso da sé, inevitabilmente comporta; le immagini sono l'adeguato contraltare, la vita ordinata, graziosa, un tantino fru fru della protagonista. I suoi cappelli adornati con grazia, i fiori freschi posti nel vaso in salotto, l'arredamento così squisitamente femminile. Arabella, che cura la casa con tanta attenzione, ha forse fatto la scelta sbagliata, prendendosi tre scimmiette dispettose? Naturalmente no, perché lei non potrebbe vivere senza quel caos permanente, senza quell'affetto burrascoso e impudente. La vita, d'altra parte, è così: rigorosamente imprevedibile e proprio per questo inestimabile.


Ogni dettaglio delle tavole della Chichester Clark rappresentano questo continuo ineliminabile contrasto fra l'ordine curato e l'anarchica creatività delle scimmiette, che ogni volta inventano nuovi modi per divertirsi. Senza di loro davvero la vita di Arabella sarebbe grigia e triste.
Non so se metterà in difficoltà qualche mamma con l'ansia dell'ordine, ma trovo Trescimmiette dispettose un allegro e salutare inno all'imprevedibilità degli affetti.
Lettura divertente e necessaria per bambine e bambini a partire dai cinque anni.

Eleonora

“Tre scimmie dispettose”, Q. Blake e E. Chichester Clark, La Margherita 2017



















LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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ASPETTANDO GORILLA...

Voci nel parco, Anthony Browne (trad. Sara Saorin)


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"PRIMA VOCE
E' ora di portare Victoria, la nostra labrador di pura razza, e Charles, nostro figlio, a fare una passeggiata. Quando siamo arrivati al parco, ho tolto il guinzaglio a Victoria. E' comparso subito un meticcio arruffato che ha cominciato a darle noia. L'ho scacciato via, ma quell'orribile animale l'ha inseguita per tutto il parco."


Questa elegante signora Gorilla è appena uscita da una villetta in stile vittoriano con il suo bambino, infagottato in un montgomery verdolino e delle belle scarpe di cuoio lucidate a pennello, e si è recata al parco con l'unico scopo di stare seduta impettita al limitare di una panchina. Se il cane può correre libero, al bambino Gorilla è imposta la panchina, accanto alla mamma. Girato per un attimo lo sguardo, tuttavia Charles, questo è il nome del piccolo, sparisce. La mamma lo chiama a lungo fino a che non lo vede in fondo al viale dei tigli che parla con una bimbetta dall'aspetto trasandato. Un richiamo e Charles è di nuovo accanto alla madre, pronto per essere ricondotto a casa ad annoiarsi ancora un po'.
A pagina 7 si conclude malinconicamente la storia della prima voce, quella severa della madre Gorilla.


Ma attraverso la voce numero due, che ha inizio a pagina 8 conosciamo tutta un'altra storia che si affianca alla prima, è proprio il caso di dirlo, sull'altro margine della stessa panchina. E' la voce un po' depressa di un Gorilla un po' trasandato - dove l'ho già sentito? - che legge assorto il giornale e ha portato al parco il suo cane, un meticcio di nome Albert - dove l'ho già visto? - e sua figlia, la piccola Smudge.
Magicamente il cerchio si chiude nella mente dei lettori. 
Quella bambina che ai nostri occhi compare solo in lontananza in realtà aveva già fatto la sua comparsa fin da pagina 3 quando, al fianco di suo padre, sedeva sulla stessa panchina di Charles e di sua madre.


Le rimanenti due voci, è intuitivo, sono di Charles e di Smudge.
I cani ovviamente non parlano, ma continuano a correre.
Insomma un unico parco, un'unica panchina su cui siedono quattro persone e due cani che si inseguono allegri. Le voci sono quelle di una madre apprensiva e un po' snob, quella di un padre un po' male in arnese e in cerca di lavoro, quella di un bambino timido e schivo e piuttosto avvezzo alla solitudine e infine quella di una bambina piena di vita che cerca di far sorridere chi la circonda.
La storia si esaurisce in due parole: un pomeriggio al parco, dove due bambini e due cani fanno amicizia. Eppure i termini del discorso, ovvero come la storia ci viene raccontata, sono una polifonia anche complessa e piena di intrecci disposti in perfetto equilibrio e simmetria. Da un lato i due adulti, un padre e una madre, così distanti tra loro, e dall'altro i due bambini che, al contrario dei rispettivi genitori, entrano immediatamente in dialogo e sintonia. E intorno, quasi a volerli chiudere nel medesimo cerchio, i due cani. 


Signori, ecco a voi, il genio di Anthony Browne. Da quattro esili fili intrecciati con cura si ottiene una trama perfetta: quattro vite tra loro connesse a due a due che si incontrano in quel parco, si sfiorano e poi tornano a dipanarsi ciascuna nella propria esistenza di sempre. Ma come tutti ben intuiscono, per due di loro nulla sarà più come prima. Complice un papavero.
Questo libro ha grossomodo vent'anni ed è una gioia vederlo approdare negli scaffali delle librerie italiane.
Di Anthony Browne, va detto con chiarezza, non ce n'è mai abbastanza.
Lentamente si sta prendendo atto della sua straordinaria capacità di raccontare storie piene di meraviglia e mistero a tutti coloro che vorranno ascoltarle.
Maestro indiscusso dell'albo illustrato, Browne dimostra anche in Voci nel parcol'efficacia del suo metodo di costruzione di un racconto.
In primo luogo si pone come obiettivo quello del NON raccontare tutto. Le sue trame sono piene di GAP, ovvero di buchi, di lacune, di fatti inespressi che resta al lettore il compito di colmare. Molto si gioca sulle assenze, sulle mancanze, sulle sparizioni. Contribuisce a stimolare l'interpretazione personale del lettore il fatto di aver costruito il singolo racconto attraverso quattro prospettive diverse. Molto altro lo fanno i luoghi, veri e propri contenitori 'congelati' in una luce del tutto irreale, che però comunica allo sguardo qualcosa che poi radica nella mente del lettore, quasi inconsapevolmente. Alludo alla luminosità autunnale che si porta dietro la madre e al raggelato inverno che contorna il racconto del padre. La primavera di Charles e l'estate di Smudge. Ma a ben vedere, quello che a prima vista può sembrare distinto è in realtà commisto e viceversa (si noti l'uso dei lampioni in tal senso nella costruzione dell'immagine). Così come quello che sembra reale, non è altro che un trompe l'oeil: gli alberi si incendiano o diventano altro, le ombre giocano con lo sguardo, mille dettagli richiamano la mente a sempre diverse direzioni da intraprendere. E' una gioia cogliere King Kong sul palazzo, i profili nelle balaustre e Magritte nei lampioni.
Quando l'assurdo diventa normale.


Lo stesso può dirsi per i personaggi che hanno in sé l'assurdo (del gorilla) e la normalità (dell'abbigliamento) perfettamente commisti l'uno nell'altra. Che il tema del gorilla sia uno dei Leitmotiv della poetica di Browne è cosa nota. Ed è anche noto il motivo del suo ossessivo riferimento a questo animale: esso rappresenta ai suoi occhi una meravigliosa 'contraddizione' della Natura, ovvero quella di racchiudere in un corpo capace di grande forza un'indole di totale mansuetudine socievolezza e gentilezza (senza contare di 'sovrumana' intelligenza). Ma i gorilla non sono l'unico tema ricorrente che attraversa il libro. Va notato cosa accade al cappello, preannunciato fin dal frontespizio, o ancora ai due cani che sono un vero e proprio ricamo, una sorta di 'sottotesto iconico' che arriva fino all'ultima immagine. Vedere per credere...
L'altra grande cifra distintiva risiede nella cura per ogni dettaglio - dalle figure oppure oggetti che scontornano i margini delle cornici che li contengono, all'equilibrio tra testo e immagine - dell'oggetto libro, che Browne cura personalmente e che contribuisce a far rientrare tutto in un univoco flusso di interpretazione. Penso ai quattro font differenti che rendono inconfondibili le quattro diverse narrazioni, ma che nello stesso tempo sono 'specchio' dei caratteri dei protagonisti. Elegante e 'classico' il primo, quello della madre ordinata e precisa e molto attenta all'esteriorità. Il secondo, la voce del padre, è un grassetto che denota la pesantezza del vivere, anche per l'occhio. Il terzo, quello del bambino timido, è sottile e delicato come lui, mentre Smudge 'racconta' il suo punto di vista con un font scanzonato, infantile proprio come si dimostra essere lei. 


Ecco queste sono sono alcune delle cose che fanno di Anthony Browne un maestro indiscusso e insuperato. E nella fattispecie Voci nel parco, The Tunnel eGorilla, più prossimo, sono forse i suoi migliori libri in cui si dimostra l'enorme forza che può raggiungere il linguaggio visuale: uno dei più sonori schiaffi sulla guancia di quelli che dicono che i libri con troppe immagini e poco testo hanno troppo costo e poco valore. E, magari pure, che non son letteratura...

Carla

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    SMALTIRE LA MENTA

    Complici i biscotti del 'colore' preparati la settimana scorsa, ora ingombra nella mia cucina una bottiglia quasi piena di sciroppo alla menta. 
    Corre l'obbligo di smaltirlo. 
    A parte il grande classico 'latte e menta' che però è prematuro, viste le temperature, devo trovare modi per utilizzare quello sciroppo che occupa spazio utile sul piano di lavoro. 
    Neanche per idea pensare di riporlo altrove: significherebbe oblio totale. E ritrovamento fra anni. 
    Mi metto in caccia di altre ricette del colore.
    Ed ecco che cosa è stato prodotto questa volta: panna cotta alla menta.
    Di una facilità disarmante, di cui mi vergogno anche un po'. 
    Ma tant'è.

    Ingredienti
    500 ml di panna fresca liquida
    60 g di zucchero semolato
    50 ml di sciroppo alla menta
    40 g di mandorle
    12 g di colla di pesce in fogli


    Fate ammorbidire in acqua fredda 12 gr. (ma anche 11 sono sufficienti) di colla di pesce per circa 10 minuti. Quindi strizzatela a dovere, a mettetela da parte.
    In un pentolino sciogliete lo zucchero con un paio di cucchiai di panna poi aggiungete il resto della panna e portare a ebollizione lentissismamente, avendo cura di girare sempre.
    Quando bolle, toglietela dal fuoco e aggiungete il pallocco di colla di pesce e lo sciroppo di menta mai smettendo di girare in modo che la colla di pesce si sciolga uniformemente senza fare grumi.
    Quindi versate il composto in uno stampino da budino e, appena stiepidito, mettetelo in frigo per almeno quattro ore: a casa mia sono sembrate eterne...
    Per sformare senza patema, mettete per un briciolo di tempo lo stampino a bagno maria nell'acqua calda in modo che i bordi si 'scollino' con il calore. Rigirate lo stampino in un piatto di portata e decorate la cupoletta di panna cotta con una granella di mandorle che avrete avuto la cura di tostare una decina di minuti nel forno e poi sminuzzare in modo grossolano.

    Carla

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S. Taylor H. Hughes, A Brave Bear Walker Books 2016



BUON PRIMO MAGGIO!

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

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QUE VIVA MEXICO!


La brillante collana Rivoluzioni, ideata e diretta da Teresa Porcella per l’editore Istos, esce con una nuova storia, che stavolta entra direttamente nel Novecento. Odeon campero, scritto da Beniamino Sidoti e illustrato da Otto Gabos, è ambientato durante la Rivoluzione Messicana, iniziata nel 1910 e in realtà andata avanti per diversi decenni; l’intenzione degli autori sottolinea il ricorrere del centenario della Costituzione, nata proprio dalla rivoluzione, che per prima, cioè prima ancora di quella di Weimar, introdusse i temi sociali nel corpo dei principi fondamentali. Ma, naturalmente, Odeon Campero, destinato ad un pubblico di lettrici e lettori dagli undici anni in poi, non si dilunga certo su questi argomenti; come inLa formula esatta della rivoluzione, il tema storico è lo sfondo, fortemente caratterizzante, di una vicenda narrativa che vede protagonisti Paco Sanchez e i suoi due figli. Lui è un appassionato di cinema, la nuova arte; vuole andare nel nord del Messico con il suo proiettore e gli effetti di scena, con l’aiuto dell’asino Pancho.


Lungo il cammino, prima in treno poi con un carretto, più volte si ferma per effettuare delle proiezioni improvvisate, raccogliendo provviste e qualche spicciolo; ovviamente sono tanti gli incontri lungo il cammino: soldati corrotti, rivoluzionari col sombrero, una certa Frida che per una parte del percorso li accompagna. Grazie a questi incontri i due figli di Paco, Blanca e Auguste-Louis, imparano molte cose sul loro paese: la natura del latifondo, il popolo lasciato nella povertà e nell’ignoranza, l’essenza di una dittatura, quale era il governo di Porfirio Diaz. Paco Sanchez vorrebbe stare lontano dalle prepotenze dei ricchi e dalla violenza rivoluzionaria, ma la Storia spesso non consente la neutralità. Viene arrestato, ma poi liberato grazie all’intraprendenza dei figli.
In questa nuova uscita restano i punti fermi della collana: l’aver pensato dei libri in cui il testo scritto fosse affiancato dalle immagini e la sottolineatura dell’intreccio fra Storia e storia delle idee, rivoluzioni politiche e culturali. Nel precedente, in cui si parlava di Rivoluzione francese, l’intreccio di idee politiche e filosofiche era più immediato e diretto proprio per l’essere figlie entrambe del Secolo dei Lumi. 



Qui appare un po’ forzato e magari poco delineate le figure, pure letterariamente così interessanti, che della rivoluzione messicana sono stati a vario titolo protagonisti, da Pancho Villa a Emiliano Zapata, da Frida Kahlo a Diego Rivera e David Alfaros Siqueiros. 
Così come non emergono le contraddizioni, sempre presenti in sommovimenti di tale portata, che hanno attraversato questa ed altre rivoluzioni. Molto ben riuscite, d’altra parte, le illustrazioni, tutte sul tono del verde, impaginate con grande attenzione a costituire un dialogo costante con il testo. Interessante anche l’apposizione di immagini richiamanti la cultura maya, a sottolineare la forte presenza di popolazioni autoctone.
L'argomento oggetto della storia introduce un tema scottante relativo alla storia del secolo passato: le tematiche sociali, i diritti dei lavoratori, i movimenti di massa che hanno dato vita alle Rivoluzioni del Novecento. Un’eredità complessa e tutt’altro che risolta nel nostro secolo.


Buona lettura e buon lavoro ai giovani lettrici e lettori di oggi, lavoratori, chissà in che modo, domani.

Eleonora

“Odeon Campero”, B. Sidoti e O. Gabos, Istos edizioni


LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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OGGI LE COMICHE!
Dirk e io, Andreas Steinhöfel (trad. Alessandra Petrelli),
ill. Peter Schössow
Beisler 2017

NARRATIVA PER MEDI (dagli otto anni)

"Siamo montati sulla slitta, Dirk davanti e io dietro. Tieniti forte, ha gridato, si parte!
E' stato bellissimo e soprattutto superveloce. Il vento mi fischiava nelle orecchie, i fiocchi di neve mi sbattevano in faccia e non vedevo niente perché tenevo gli occhi socchiusi. Sfrecciavamo come saette, Dirk urlava sono il discesista migliore del mondo, io strillavo ma quando arriviamo, perché continuavo a non vedere niente.
Poi c'è stato il botto."

Dirk è davanti perché è il più coraggioso dei due, ma Andreas, suo fratello maggiore non si è mai rotto un osso! Anche questa volta Dirk se la è vista brutta perché lo slittino a fine discesa è planato, saltando la scarpata, nel ruscelletto di acqua gelida, facendolo atterrare proprio in mezzo al guado.
Recuperare il fratello dall'acqua e, possibilmente, anche lo slittino non sarà cosa semplice. Il ramo non regge e anche Andreas ruzzola per la scarpata e finisce a faccia avanti nell'acqua: ora entrambi sono a mollo. Tornare a casa con un principio di assideramento per finire entrambi in una vasca di acqua, questa volta bollente, con una cioccolata calda di consolazione da rovesciare prontamente sulle coperte e un blando castigo è il degno finale di uno dei dodici racconti di infanzia di Andreas Steinhöfel.


Una visita sotto Natale all'ospizio dei vecchietti per cantare loro Tu scendi dalle stelle, un compleanno festeggiato mangiando e lanciando spaghetti al sugo con le mani, un terzo fratello in viaggio da e verso lo spazio, un piccolo racconto horror nella cantina del vicino 'assassino', una casa nuova da costruire sull'albero e una casa vecchia da ricostruire tra gli alberi, una pioggia in campeggio, e una pioggia in città e infine il viaggio clandestino di una tartaruga: questi sono i racconti del piccolo Andreas.


Il grande Andreas, inteso come Steinhöfel, autore già tanto amato per la serie di Rico e Oscar (sempre edito da Beisler), è qui alle prese con i suoi ricordi d'infanzia. Il primo dei suoi libri usciti in Germania, quello che lo ha portato, anche un po' per caso, a diventare un apprezzato scrittore per ragazzi, è un libro che mi lascia parzialmente interdetta.
La struttura è consueta: sequenza di episodi di vita quotidiana che hanno per protagonista un ragazzino. Accanto a lui ruota la famiglia, i suoi amici, la maestra; gli scenari sono la scuola, la casa e i suoi dintorni, il campeggio e poco altro.
In definitiva sono racconti di un'infanzia, anzi di più infanzie e delle loro consuetudini. Eppure in tale contesto avverto un'anomalia. Non si percepisce immediatamente, ma con una certa regolarità si presenta a una pagina dalla fine di ogni episodio. Nel momento in cui, in una lettura ben cadenzata in cui si sorride e tutto scorre a meraviglia (complice anche la felice idea di abolire il discorso diretto), si innesta un'improvvisa 'impennata' nel ritmo che trasforma tutti gli episodi in una 'comica' alla Ridolini. I protagonisti accelerano, sembra quasi che alzino anche il tono della voce, si picchiano l'uno con l'altro, si insultano un bel po' e soprattutto fanno succedere dei veri e propri parapiglia, in un crescendo di cadute, di rotture di oggetti, di guai e pericoli incombenti, di reazioni a catena irrefrenabili che culminano sempre in un disastro generale.
Non ci troviamo però nella comicità dell'assurdo, perché tutto è sempre molto realistico, ma siamo un gradino più in basso, siamo solo nell'inverosimile.


Per questo motivo sono grata alle ultime pagine del libro in cui lo stesso Steinhöfel sente il bisogno di spiegare l'origine di questa scelta 'stilistica'.
Far ridere, far ridere il lettore come riderebbe davanti a una comica di Stan Laurel e Oliver Hardy. 
E così, partendo da veri episodi della propria infanzia, bellissimi nella loro autenticità, egli costruisce finali rocamboleschi per suscitare l'ilarità di chi legge. Da lettrice adulta, la scelta non mi persuade del tutto, perché trovo ridondante il cambio di passo, ma mi rendo conto che su lettori più giovani, e forse meno esigenti, questo colpo di acceleratore faccia grande presa: il libro è un best seller in Germania e mi auguro lo sarà presto anche qui in Italia.


Tuttavia d'istinto mi sono affezionata a quei racconti che suscitano la risata, senza troppo artificio, pur riuscendo a mantenere una loro comicità e un loro tempo 'naturali' come Arriva l'acqua, arriva l'acqua! che è il mio preferito, oppure il piccolo 'Krimi' con il vicino di casa, che Steinhöfel ha saputo inventare di sana pianta, da quel grande scrittore che è.

Carla

Noterella al margine. Un valore a sé i disegni dalle ardite prospettive di Peter Schössow.

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POLPETTINE ALLA MENTA 
(quando le ossessioni si incrociano)



Il blog Lettura candita cita le polpette addirittura nella testatina, a denunciare una passione della sottoscritta per il genere merceologico.
La mia stenta piantina di menta è l'unica ad essere sopravvissuta a questo inverno confuso e quindi le voglio molto bene e la poto.
Cosa se ne deduce? Che se inviti a cena una tua amica e il dolce è la panna cotta alla menta (per sua espressa richiesta), il primo è una insalata di cous cous, piselli e menta, il secondo adatto sono delle polpettine. Alla menta.
E' un fatto di ossessione ma anche di coerenza.
Per prima cosa è mio dovere citare la fonte originaria di questa ricetta. Il libro si intitola Polpetteed è di Karen Fingerhut e Olivier Rouault, Guido Tommasi editore 2011.

Ingredienti:
500 gr di macinato di manzo
1 uovo
1 spicchio d'aglio
10 foglioline di menta fresca
1/2 cucchiaino di cumino in polvere
1 cucchiaio di fecola di patate
1 cucchiaio di salsa di soia
1 dado per il brodo



Mettete le foglioline di menta in un bicchiere alto e stretto e con le forbici tagliuzzatela fino a sminuzzarla, dopo togliete l'anima verde all'aglio e spremetelo con l'apposito oggetto (oppure tritatelo in piccolissimi pezzi).
Prendete menta e aglio e tutti gli altri ingredienti, tranne il dado, e mischiateli in una ciotola. Preparate delle polpettine piccole. Nel frattempo accendete il forno a 180° e preparate un bel po' di brodo in una pentola dalla bocca larga. Quando il brodo bolle gettatevi un po' per volta le polpette e lasciatele scottare per un paio di minuti, quindi con una schiumarola, tiratele su. Disponetele in una teglia foderata di carta forno o leggermente unta e fatele dorare in forno per una decina di minuti. 



Finito.
E ci potete giocare a tris, menta contro polpetta.

Carla



UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)

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DESCRIZIONI E SUGGESTIONI


Ci sono modi diversissimi per avvicinare ragazze e ragazzi, di età diverse, al mondo delle piante; un argomento certo non fra i più frequentati dall'editoria per ragazzi, con alcune notevoli eccezioni. Qui ho raccolto tre pubblicazioni recenti, con impostazioni molto diverse fra loro. Ma quello che sembra distante, per scelte stilistiche e approccio metodologico, in realtà condivide molti aspetti.


L'inizio di questo percorso è Vagabonde. Una guida pratica per piccoli esploratori botanici, di Marianna Merisi: il nuovo volumetto della collana PiNO, pubblicato da Topipittori, descrive con la consueta accuratezza grafica le piante più umili, quelle che nei manuali di giardinaggio vengono definite spesso come 'infestanti', ovvero le piante spontanee che occupano l'arida nicchia ecologica degli spazi urbani. Dunque nei muri, nelle crepe dei marciapiedi, fra una pietra e l'altra, i bambini e le bambine aspiranti naturalisti possono trovare dei veri campioni dell'arte della sopravvivenza. Di ciascuna di queste piante viene fornita un'immagine monocroma, una silhouette in un rosso squillante, affiancata da una scheda che riassume le note salienti riguardanti quella pianta. Un invito quindi a guardarsi intorno con curiosità e metodo, magari facendo un erbario oppure scattando foto, o disegnando; invito calzante, poiché nel piccolo e nel nascosto si celano creature, animali e vegetali, affascinanti.


Un altro invito ad uscire di casa per esplorare il mondo naturale viene dall'accurato manuale pubblicato dalla Usborne: Vitaall'aperto, di Alice James e Emily Bone, con le belle illustrazioni di Briony May Smith. 

L'approccio è, in modo evidente, molto diverso: è un vero e proprio manuale, ricco di consigli pratici. Il testo è organizzato secondo le diverse tipologie di escursioni: dall'esplorazione di stagni e fiumi, ai boschi, alle escursioni notturne. In ciascun ambito vengono sottolineati i metodi per procedere in sicurezza e nel rispetto dell'ambiente in cui ci si muove. Importante la rilevanza data all'interconnessione fra mondo animale e vegetale: anche qui l'osservazione delle piante ha un ruolo importante, così come la classificazione, per esempio, delle foglie. Le illustrazioni sono dettagliate e accurate, dando immediatezza alle istruzioni e ai consigli.


L'ultimo libro che vi suggerisco e che rappresenta un approccio ancora diverso è Il giardinodelle Meraviglie. Storie, segreti ricette intorno alle piante del Mediterraneo, di Lucia Scuderi, pubblicato da Donzelli, un libro illustrato interamente dedicato alle piante di Sicilia. Qui l'autrice con le sue tavole descrive, sì, ma soprattutto cerca di ricreare atmosfere, profumi di una terre ricchissima di meraviglie botaniche. Anche in questo caso a ciascuna pianta viene dedicata una doppia pagina, con le notizie tecniche e le curiosità affiancate da una tavola che racconta, è il caso di dirlo, la pianta in questione. 

 
Per tutti e tre questi libri è di rito la domanda relativa alla fascia d'età di riferimento. La mia risposta è volutamente ambigua: dipende dall'uso che se ne fa. Sono libri che si possono sfogliare, soprattutto il terzo, senza tentare di seguire l'esempio o di mettere in pratica i suggerimenti lì contenuti. Oppure ci si può attrezzare per fare delle vere escursioni, in città o fuori. Ci si può mettere alla prova con carta e matita, o con una macchina fotografica. Si possono raccogliere campioni oppure limitarsi a copiare quanto riportato nei libri.
Libri concepiti così, con cura e attenzione, precisi nelle informazioni, ma anche attenti all'impaginazione, alla grafica, al linguaggio, sono preziosi proprio come specchio, parziale, dell'immensa ricchezza naturale che ancora, nonostante tutto, circonda le nostre vite. Se solo fossimo abituati a guardare e cercare, con intelligenza e con rispetto.

Eleonora

“Vagabonde. Una guida pratica per piccoli esploratori botanici”, M. Merisi, Topipittori 2017
“Vita all'aperto. Idee per scoprire ed esplorare Il mondo là fuori”, a. james e e. bone, ill. b. may smith, Usborne 2017
“”Il giardino delle meraviglie. Storie, segreti, ricette intorno alle piante del Mediterraneo”, L. Scuderi, Donzelli 2017


LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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LA FELICE CATEGORIA
 
Problemi pinguini, Jory John, Lane Smith (trad. Beatrice Masini)
Rizzoli 2017



ILLUSTRATI

"Ma dai...Vuoi davvero leggere questo libro? Non ci credo! Scommetto che non arriverai nemmeno alla fine di queste poche righe...
Del resto, ti capisco. Perché mai dovresti leggere dei problemi che ha un pinguino, quando ne hai già a sufficienza di tuo? Basta guardarsi intorno. Il mondo è un pasticcio!
E poi magari i pinguini non ti piacciono nemmeno. Anch'io li sopporto a mala pena, e conta che io sono un pinguino."

Il libro non è nemmeno cominciato e lui è già lì che si lamenta dalla bandella della sovraccoperta, è lì che si piange addosso. Un pinguino a cui poco importa del mondo che lo circonda, un pinguino che vede solo problemi, un pinguino che ha il sonno leggero.
Se dovessi riassumere: un pinguino depresso.


Sdraiato su una collinetta di neve, non ha voglia di aprire gli occhi, è infastidito dal resto della colonia, ha freddo, gli dà noia la luce, odia la neve, trova l'oceano troppo salato. Cacciare per lui è faticoso oltre che pericoloso. Vorrebbe non dondolare quando cammina, vorrebbe saper volare e non ci riesce. Vorrebbe non essere lui e non essere lì. E' convinto nessuno lo ami e che nessuno si accorga di quali e quanti siano i suoi problemi.



Tra un lamento e un piagnisteo si inserisce un tricheco che 'inceppa l'ingranaggio', semplicemente pronunciando un asettico 'Buon pomeriggio' e, a seguire, sciorinando una serie di frasi di circostanza, tipo, ma guarda come è bello il mondo, ma guarda che gli altri ti vogliono bene, ma guarda che capita a tutti di avere un momento difficile, ma guarda che il tuo posto è questo qui...
Il pinguino, scomparso il tricheco, è infastidito ma anche colpito da ciò che ha appena ascoltato. Riprende il cammino e tra sé ammette che poi le montagne e l'oceano e la sua colonia non sono poi tanto male. E forse - dopo tutto - le cose andranno meglio.

Ecco, se il libro finisse qui, lo avrei riappoggiato sul banco della libreria e lo avrei dimenticato come mi capita di fare con i libri inutili... ma c'è un'ultima pagina, un'ultima frase del pinguino che riaccende in me l'interesse per questa storia con figure. Con belle figure. Non le migliori di Lane Smith, comunque.
A Jory John riconosco due cose. La prima: il suo senso dell'ironia fuori dal comune e 'maledettamente adatto' alle mie corde (molto simile per asciuttezza a quello di Klassen); la seconda: è un autore che non cerca un interlocutore privilegiato o ideale. Attraverso l'immagine e il poco testo, nel formato del picture book, scava con lama pungente e tagliente le debolezze dell'umanità (e sto pensando ai libri a quattro mani con Avery Monsen).
A lui preme raccontare e non molto altro. 
A ogni lettore il compito di cogliere ciò che sarà in grado di cogliere.
E va bene così. Basta saperlo. 


Libri come Buonanotte!(o come Come on, Already! della stessa serie) mettono insieme grandi e piccoli a ridere della petulante oca che si mette di traverso nella vita dell'orso.
Qui in Problemi pinguini i bambini forse rideranno un po' meno sentendosi leggere la storia, mentre gli adulti, mi auguro, ne coglieranno il sottilissimo senso ultimo. I bambini si compiaceranno, invece, dei pinguini in schiera che ha disegnato Lane Smith e forse penseranno che le loro giornate storte rassomigliano a quelle di quel pinguino lagnoso. E finirà lì.
Chi davvero da questo libro ne trarrebbe buon frutto, sarebbe invece una categoria 'insospettabile': gli adolescenti. Ed è per questo che non mi farei scrupolo alcuno a portarlo in una scuola media per mettere sul tavolo di discussione 'temoni' come la consapevolezza di sé, la convivenza con il proprio malessere. 
Il fatto di usare un medium tanto insolito, se da un lato li infastidirebbe, dall'altro li destabilizzerebbe, aiutandoli forse a prendere la giusta distanza per valutare al meglio 'la questione'.
Io ci proverei.


Di sicuro il 'paginone' contenente il consiglio un po' sbrigativo e moraleggiante andrebbe a lungo discusso, ma prima ancora nel pinguino che non si piace, nel pinguino che si sente a disagio nel luogo dove vive, nella relazione con gli altri, ci sono un bel po' si spunti di discussione.
Se in Italia il libro è stato praticamente ignorato (nel web in particolare), non è lo stesso negli Stati Uniti dove forse la maturità nei confronti del picture book è maggiore. E credo di non sbagliarmi troppo se tengo conto anche del fatto che Jory John è stato a lungo attivo dentro una delle più interessanti esperienze di sostegno di bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni con minori opportunità, la 826 Valencia, di San Francisco.
Non credo sia un caso. 


Jory John - come Klassen o come Mac Barnett per citarne solo due - appartiene alla felice categoria di autori che vanno dritti al sodo, in qualche modo 'scomodi', che lasciano perplessi i lettori un po' convenzionali e distratti, insomma quelli che il libro lo sfogliano, ma non lo leggono.

Carla

Noterella al margine: Un'occasione mancata quella di non voler osare e di non usare come sovraccoperta la copertina originale (ma se la sfilate e là sotto in tutto il suo splendore optical)

FAMMI UNA DOMANDA!

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COME RACCONTARE LA NATURA


Nicola Davies è una brava divulgatrice, assai presente nelle bibliografie dedicate alla natura: ricordo Mini. Il mondo invisibile dei microbi e la collana Fili d'erba, entrambi pubblicati da Editoriale Scienza. E' una zoologa e una scrittrice, capace di usare linguaggi diversi.

 
Proprio questo è l'aspetto che vorrei approfondire, partendo da una delle ultime pubblicazioni: Tanti e diversi, pubblicato ancora una volta da Editoriale Scienza. Si tratta di un testo rivolto a bambine e bambini di sei, sette anni, non necessariamente attratti da cataloghi sistematici; qui si parla con molta semplicità di biodiversità, di relazioni fra i diversi organismi di un ecosistema, per arrivare a far comprendere la fragilità degli equilibri naturali di fronte alla capacità distruttiva umana. Se la diversità è un valore e una fonte di stupore al cospetto della bellezza e della complessità del mondo naturale, tutelarla e difenderla è un compito prioritario per noi e per le future generazioni.


Messaggio semplice, chiaro, un grande ruolo dato alle immagini realizzate da EmilySutton, illustratrice che spesso si presta ai testi divulgativi, come il sopra nominato Mini. Efficaci le sue immagini: esplicitano, rappresentano, illustrano il testo. 


Si legge e poi si guarda l'immagine che conferma e amplifica il messaggio del testo scritto. Sono belle tavole che rendono bene l'idea di quel numero così grande di varietà animali e vegetali, che pure rischiano di sparire una a una. Si comincia con una bambina, per scoprire la moltitudine, si finisce con la bambina che non vorrebbe rimanere da sola.
Negli ultimi tempi, proprio allo scopo di raggiungere bambine e bambini non ancora presi da passioni assolute e da ansie classificatorie, sono stati proposti, per esempio da Jenny Desmond, testi in cui l'intento esplicativo è sotteso a una traccia narrativa che funziona da filo conduttore. Sicuramente più accattivante anche per il lettore adulto, magari annoiato dalle esposizioni sulle virtù dei predatori, questi testi descrivono sottotraccia, mentre il lettore segue la narrazione. 


L'esito più radicale di questa tendenza, molto apprezzata dalla critica, è rappresentato dall'ultima novità della Davies, in una produzione della Walker Books, tempestivamente tradotto da Lapis: Il re del cielo, illustrato da Laura Carlin, è a tutti gli effetti un albo illustrato, che racconta le vicende di un bambino che si è trasferito in Inghilterra e che si sente straniero; l'unico amico che ha è un anziano signore che alleva piccioni viaggiatori.
 

 Qui entra la vocazione naturalistica dell'autrice, che riesce a raccontarci le straordinarie capacità di volo di questi uccelli, che noi identifichiamo con i prolifici coinquilini delle nostre città. Le vicende di un particolare piccione, delle sue imprese e del bambino che ne gioisce sono dunque la cornice per raccontare uno spicchio di mondo naturale.
Questi due esempi, oltre a rappresentare la versatilità di un'autrice, esprimono una tendenza ad utilizzare l'illustrazione come parte integrante della descrizione, così come avviene in un albo; ma, mentre nei lavori di Mizielinski e Mizielinska, per fare un esempio, l'immagine esplica, rende chiaro il significato di un testo breve, in questi casi, come nella Desmond, l'immagine ha anche una funzione evocatrice, costruisce emozioni che accompagnano e sottolineano il testo. Tanto da far perdere il confine fra un ambito e l'altro, fra narrazione e divulgazione.
Non sempre questi esperimenti funzionano al meglio, ma riescono in ogni caso ad ampliare lo spettro dei lettori potenziali. Un libro sui piccioni magari non appassiona, ma se ci costruisco una storia intorno, sì.


Se il bambino o la bambina traggano da tutto questo spunto per le proprie curiosità è questione che solo loro, in prima persona, ci possono confermare.

Eleonora

“Tanti e diversi”, N. Davies e E. Sutton, Editoriale Scienza 2017
“Il re del cielo”, N. Davies e L. Carlin, Lapis 2017




Article 1

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FARE COMUNITA'
 
Mi sto occupando di don Milani (come molti altri d'altronde). Tra i tanti meriti che gli riconosco, oltre a quelli su cui tutti battono, c'è quello di aver saputo tagliare netto. Tagliare, quasi da un giorno all'altro (la agiografia narra che la decisione di farsi prete la prese in due ore, camminando su un sentiero in montagna per raggiungere la casa di un sacerdote defunto), e cambiare vita. Ricordo con precisione e piacere, nessun rimorso, almeno tre miei tagli netti, e modestamente ammiro chi ne è capace. L'altro elemento che ha caratterizzato l'esistenza di don Lorenzo Milani è stato il perpetuo bisogno di comunità.
Lottò fino all'ultimo contro tutti quelli che cercarono di farne un uomo solo, isolato.
Mutatis mutandis, anche io patisco un po' la separazione dai gruppi temporanei che si creano intorno al mio lavoro (e lo spunto per questi biscotti anche un po' da lì arriva).
Quindi, per concludere: cambiare vita, creare comunità sono i sottili ma tenaci fili rossi che legano Milani, il cuoco anglo-italo-israeliano, Yotam Ottolenghi cui ascrivo questa ricetta, e me.
Ed eccoci qua, a intrecciare.

Ingredienti:
130 gr. di zucchero fine
150 gr.di burro a temperatura ambiente
110 gr. di tahini (pasta di sesamo)
½ cucchiaino di vanillina
25 ml di panna liquida (sostituibile con uno yogurt non acido)
270 grammi di farina 00
1 cucchiaino raso di cannella macinata


Per prima cosa lavorate il burro con lo zucchero in modo da creare un impasto morbido e cremoso. Aggiungete gli altri ingredienti, il tahini, la vanillina, la panna (o yogurt) e la farina. Impastate fino ad ottenere un composto morbido e maneggiabile. Quindi fatene della palline grandi come una noce e disponetele sul foglio di carta forno leggermente distanziate. Prendete una forchetta e con i rebbi fate una leggera pressione al centro di ogni pallina in modo che si abbassi e allarghi un pochino.. Spolverateli con cannella e metteteli nel forno a 170° che avrete preventivamente portato a temperatura.
Fatto.
Da freddi, mi accompagnano nella stesura di un ragionamento su don Lorenzo.

Carla

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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OCCHI DI BAMBINO E OCCHI DI UOMO

Un uomo a metà, Michael Morpurgo, Gemma O'Callaghan 
(trad. Alessandra Valtieri)
Lapis 2017


NARRATIVA PER MEDI (dagli 8 anni)

"Ma soprattutto, non perdevano occasione di ripetermi fino alla nausea che, qualunque cosa facessi, non dovevo assolutamente fissarlo, per nessun motivo al mondo; prima di tutto perché fissare una persona era segno di maleducazione, e poi perché lui odiava essere guardato con insistenza, soprattutto dai bambini."

Michael ho un incubo ricorrente: una nave avvolta dalle fiamme sta affondando e lui, in salvo su una scialuppa, vede suo nonno dal volto sfigurato dal fuoco chiedere soccorso, attaccato alla fiancata. Nel momento in cui il ragazzo gli tende una mano per farlo salire a bordo si accorge delle dita mutilate del vecchio. E a questo punto ogni volta il sogno si interrompe e Michael apre gli occhi.  


Il nonno ha veramente metà del volto mangiato dal fuoco e le dita di una mano mozzate. Da qui il divieto di poggiare lo sguardo su quel segno indelebile. Ma Michael non ce la fa e, di nascosto, quasi suo malgrado, manda i suoi occhi a indagare quel corpo così anomalo.
Le domande nella testa di questo ragazzino si accumulano, ma le poche cose che si sanno sono le stesse che costituiscono il suo incubo: seconda guerra mondiale, suo nonno imbarcato su un mercantile, un incendio a bordo, il tentativo di salvarsi, giorni interi steso in una scialuppa tra la vita e la morte.


Il vecchio parla poco, le visite a Londra a casa della figlia sono rare, e quel divieto di alzare lo sguardo su di lui creano una barriera di ghiaccio tra nonno e nipote.
Fino al giorno in cui, una manciata di anni dopo, Michael trascorre, a casa di suo nonno sull'isola, una estate indimenticabile.
Il vecchio conduce anche laggiù una vita solitaria, passando il suo tempo a pescare.
E in questa pace silenziosa, i due si conoscono meglio, imparano ad apprezzarsi e ad aprirsi l'uno con l'altro. Arrivano anche le risposte alle domande dell'infanzia, ma soprattutto arriva - del tutto inaspettato - il ringraziamento da parte del nonno nei confronti del nipote per aver osato rompere - semplicemente con il guardarlo - il velo di omertà e di pudico silenzio che lo ha sempre accompagnato nei suoi seppur rari momenti con gli altri.
Uno sguardo che non ha ferito, ma accarezzato e, per una volta, non lo ha fatto sentire 'a metà'.


Incrocio le dita perché si materializzi il mio sogno: poter rileggere in italiano, racconto dopo racconto, la meravigliosa raccolta che va sotto il nome di Of Lions and Unicorns. Pubblicati così, come singoli oggetti letterari, in questa nuova veste tipografica, con illustrazioni sempre all'altezza di testi così densi. Siamo già al secondo titolo, ne mancano solo una cinquantina. Comincio a fare posto sullo scaffale.
Mi pare superfluo dire che Morpurgo è un grandissimo autore, perché lo sanno anche i sassi. Tuttavia provo a mettere in fila due riflessioni su cosa tiene insieme i due titoli scelti da Lapis: Mio padre è un orso polare e questo.
Per prima cosa entrambi raccontano porzioni di infanzia; in secondo luogo entrambi hanno un forte contesto familiare, che li rende 'consueti' all'istante; in terzo luogo entrambi raccontano il mistero che avvolge agli occhi dei piccoli il mondo dei grandi; in quarto luogo questo mistero sancisce l'alterità tra i due mondi; in quinto luogo entrambi partono da una fascinazione che funziona da miccia per accendere l'immaginario sia nel racconto dei protagonisti, sia in quello dei lettori; in sesto luogo sono entrambi scritti con una felicità di penna, che la traduzione asseconda perfettamente, che è in grado di intrecciare i fili della finzione con quelli delle realtà, per arrivare a tessere una stoffa che è terza: una realtà più stupefacente della finzione oppure una finzione così ancorata al vero da diventare essa stessa tangibile.
Al lettore la scelta su quale direzione prendere.
A prescindere da una capacità 'naturale' nel costruire i plot, Morpurgo dimostra il suo talento nel progettare, come un orologiaio, un meccanismo di precisione che fa marciare il racconto verso un finale sempre magnifico. Nulla di altisonante e celebrativo, al contrario una riflessione profonda sulle relazioni che tengono insieme piccole porzioni di umanità: lì un padre con il proprio figlio, qui un nonno con il proprio nipote, ma anche una moglie con il marito, una figlia con il padre.


Va da sé che intorno ai protagonisti principali ruota una più complessa struttura familiare che ha compiti gregari, nel bene e nel male. Di solito nel male, come a voler far brillare di più i primattori.
In Un uomo a metà però c'è qualcosa in più. 
Una drammatica porzione narrativa che lo rende di raggelante attualità. E mi riferisco a quella parte di storia che allude al sacrificio estremo di un amico del nonno, Jim, durante l'incendio. A quel suo 'sparire in mare' che ho sentito raccontare a Eugenio Venturo della Croce Rossa a proposito delle persone che attraversano il Mediterraneo per cercare di lasciarsi dietro guerra e fame. "Gli occhi di quell'uomo che finendo in acqua... fiuu.. andava giù..."(non credo di dover continuare).


Tanto ricorda la sensazione di impotenza di chi, come il nonno, a bordo, vede sparire chi non ce la fa, il generoso amico che lo ha tratto in salvo, Jim.
 I bei libri spesso mettono a nudo corde personali, intime e profonde, creando inaspettate connessioni.
A chiudere, due parole vanno dette sulla qualità estetica dell'intera operazione che sta facendo Walker in Gran Bretagna e, di rimando, Lapis in Italia. Piccoli libri con copertina rigida, pressoché quadrati, con un apparato illustrativo di grande pregio e sempre diverso. Alla sensibile ed emotiva matita della Sala, ora si aggiunge la glaciale Gemma O'Callaghan, convincentissima nelle inquadrature inaspettate e intelligenti del suo digitale.

Carla


UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)

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ODIO GLI INDIFFERENTI

E' da tempo che mi interrogo sulla apparentemente inspiegabile 'perdita di memoria' che segna la distanza fra noi e i ragazzi e le ragazze di oggi. Alcuni aspetti della storia del secolo scorso sono sottolineati con una certa ritualità, mentre altri sono del tutto ignorati.
Per questo motivo sono andata a cercare fra gli scaffali della libreria due libri per ragazzi che raccontano le vite di due personaggi pubblici che hanno segnato la vita del nostro Paese.


Il primo è E' Gramsci, ragazzi. Storia dell'uomo che odiava gli indifferenti, di Massimo Lunardelli, pubblicato da Blu edizioni. In poco meno di cento pagine vengono raccontate le vicende umane e politiche di uno dei più grandi intellettuali del Novecento, i cui testi sono stati a lungo passaggio obbligato per chi si definisse di sinistra. Ma le generazioni nate poco dopo la guerra sentivano la continuità con quella comunità di uomini e donne che aveva costruito l'Italia repubblicana e democratica, di cui Gramsci era un esponente irrinunciabile. Oggi questo patrimonio di storia e di idee viene accantonato come un elegante cascame di un'epoca sepolta, in cui esistevano ancora la 'destra' e la 'sinistra'. Se questo a me, appartenente ad un altro secolo, provoca un brivido freddo, è comunque necessario chiedersi perché e soprattutto che senso abbia archiviare una figura così importante della nostra cultura. Leggere della sua vita così piena di asprezza e di difficoltà, segnata da una costante lotta contro le ingiustizie e le disparità; il tempo percorso a Mosca, poi le persecuzioni, il carcere, la malattia; tutto questo contribuisce a costruire l'immagine di un personaggio scomodo per molti, perché ancorato alla propria incrollabile eticità. Al di là del percorso politico, al di là di concetti complessi che certo spaventerebbero molti lettori e lettrici, quello che emerge da questa biografia è proprio la dimensione morale, quella che, di fronte al lucido sguardo su una realtà fatta di ingiustizie, impone la ribellione, un imperativo morale che non si piega alle convenienze politiche.


Per quanto distante nel tempo e nell'orientamento politico, mi è sembrato di poter riconoscere lo stesso imperativo morale anche nella ricostruzione, un po' romanzata, che Anselmo Roveda fa della vita di Tina Anselmi, staffetta partigiana a diciotto anni, poi deputata della Repubblica e, nel 1981, presidente della commissione parlamentare sulla loggia massonica P2. Nel libro di Roveda, ripubblicato quest'anno con alcune modifiche dall'editore Coccole books, Tina, nome di battaglia Gabriella, assiste alle atrocità perpetrate dalle truppe naziste e dai loro sodali repubblichini e giovanissima si arruola nelle fila di una brigata partigiana indipendente. E' un imperativo morale che la guida, quello che costringe a sposare le sorti di una parte, costi quel che costi. Ed è in coerenza con quei principi ispiratori e quei valori che guida quella commissione parlamentare che mise a nudo l'intreccio profondo fra politica, malaffare e gruppi di potere occulti. Passato? No, presente e futuro prossimo, se solo si desse coerenza a quello che si legge sui giornali.
La nostra storia recente che spesso pensiamo solo attraversata da figure mediocri al limite del grottesco, ha i suoi eroi; fra questi, i due che ho maldestramente associato brillano per coerenza e per dirittura morale. Sono state persone che non hanno voltato la testa dall'altra parte, sono scese in campo, accettando il prezzo da pagare.
Abbiamo ancora bisogno di questa coerenza, di questi principi etici, di questo profondo senso di ribellione davanti alle ingiustizie e al dolore? Basta guardarsi intorno, leggere i commenti 'social' alla morte dei migranti in mare o di tre ragazzine nomadi dentro un camper incendiato. Siamo vicini a un baratro, dove rischiamo di perdere il senso della nostra stessa umanità. Noi, così civili, così superiori ai 'diversi da noi'.
Spero di non offendere lo spirito di Gramsci che si aggira nel bellissimo cimitero acattolico di Roma, parafrasando una sua celebre frase, che vorrei rivolgere ai giovani lettori e lettrici:
'Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza'.

Eleonora

“E' Gramsci, ragazzi. Breve storia dell'uomo che odiava gli indifferenti”, M. Lunardelli, Blu edizioni 2017
“Una partigiana di nome Tina”, A. Roveda con le illustrazioni di S. Natalini, Coccole books 2017


LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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CIAO, TU

Yeti, Taï-Marc Le Thanh, Rebecca Dautremer, (trad. di Guia Pepe)
Rizzoli 2017


ILLUSTRATI

"Ci penso ogni giorno.
E ogni notte.
A volte mi chiedo cosa potrei dirgli se lo incontrassi.
'Buongiorno'? Anzi, 'Buongiorno, Signore'?
E se fosse meglio non dargli troppa confidenza?
Gli stringerei la mano. O lo saluterei con un bacio?"

Appoggiata alla ringhiera del balcone della sua casa verde speranza, questa ragazza pensa sempre a lui, allo yeti. E lui, acciambellato, è al portone. 


Mentre si interroga sul suo aspetto, sulle sue abitudini e confessa a se stessa il desiderio di incontrarlo ed è già lì a progettare il viaggio, con cartine e guide dei luoghi, lui gigantesco è nell'ombra dietro di lei che sbircia la mappa.


Durante il viaggio in treno che la porta ai piedi di una grande montagna, lui occupa due sedili più in là. Come guida, la ragazza ha un bimbetto e un cane, che - al contrario di lei - lo yeti e la sua incombente ombra li vedono e forse li temono. L'attraversata nel bosco, la risalita in teleferica, sono sempre controllate a vista dal grande yeti che neanche per un secondo la lascia sola in questo suo lungo e pericoloso viaggio...


Arrivare in vetta è impresa ardua, forse impossibile se non ci fosse una grande mano che la sostiene nei momenti di vuoto.
E, arrivata caparbia, in cima il suo desiderio si trasforma in trepidazione: un breve richiamo Uh, uh, Signore? e poi l'attesa che la tiene sospesa là in capo al mondo (dove non ci si può spingere oltre). Quindi la decisione di attendere quanto sarà necessario e il magnifico presentimento, quasi una presenza avvertita. Non resta da fare altro che contare fino a tre e poi voltarsi: uno... due... tre...


Un libro sull'amore, sul primo amore, che colpì molte generazioni di lettori fu Ciao, tu. Scritto a quattro mani da Piumini e Masini, la storia di Michele e Viola che tra i banchi di scuola si indovinano, si scoprono si sanno, diventa libro di culto in pochissimo tempo perché racconta la bellezza nel gioco ideato tra i due che 'ufficialmente' non si conoscono e riconoscono, ma nella ricerca si scoprono a poco poco con una lenta seduzione fatta solo di parole. Il libro di Piumini e Masini, meraviglioso in ogni sua parte, consta di un finale che tanto ricorda quello pensato per Yeti. Il presentimento di qualcuno alle spalle, il contare uno, due e tre e alla fine girarsi e scoprirsi. Dare un viso all'amore, dare un viso alla propria felicità di quel momento.
Ancora una volta sono qui a dire che non credo sia un caso questa analogia così stringente. Analogia che mi permette di proporre una lettura, una delle tante possibili di questo nuovo libro della coppia Le Thanh-Dautremer, in chiave metaforica.
E ancora una volta sono qui a dire che un filo narrativo che potrebbe sembrare sottile si rivela al contrario fortissimo e pronto a tenere insieme legami inaspettati e fertili.
 

La figura mitica dello yeti può essere un pretesto, un meraviglioso pretesto, per ragionare sul significato che ha la ricerca, e nella fattispecie la ricerca dell'altro, le molte incognite di cui è disseminato il percorso, il traguardo, nella fattispecie verso l'amore, sia esso il più tenero ed effimero 'primo amore', sia esso quello più consapevole che vorremmo 'per sempre'.
Sempre di viaggio si tratta, viaggio interiore, sempre da mille domande è scandito, sempre di inarrivabile conquista ha il carattere. E non sono forse questi gli elementi che Taï-Marc Le Thanh mette in bocca a quella fanciulla intraprendente e sognatrice? Non è forse la ricerca dell'altro, o più in generale la ricerca della felicità, per gran parte creata da una nostra costruzione che con il mito ha molto a che fare? E dunque lo yeti ne può essere incarnazione leggendaria, se davvero in nepalese significa 'quella cosa là'?


Che la Dautremer abbia colto l'occasione offertale dai molti non detti del testo per creare a sua volta un gioco visuale con prospettive, ombre, dettagli che dichiarano il tono 'sospeso' del racconto mi pare evidente. Personaggi che sono disegnati e non vengono visti, valigie che cambiano di colore a ogni pagina, paesaggi irreali, picchi scistosi o cairn megalitici per acrobati esperti sono tutti elementi che contribuiscono a dare un profilo onirico all'intera vicenda.
In una rinnovata, quanto armonica sensibilità cromatica che predomina in chiave puramente estetica su ogni tavola.
Insomma, gran bel libro.

Carla

FAMMI UNA DOMANDA!

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LA VITA E IL SUO MISTERO


Il libro di Jan Paul Schutten, Il mistero della vita, pubblicato ora da L'ippocampo è una miniera di sorprese. E che sorprese!
La prima, se vogliamo la più semplice, è rappresentata dal fatto che è uno dei pochi preziosi libri di divulgazione dedicati a ragazze e ragazzi dai dodici anni in poi. Un libro che parla di tematiche estremamente complesse: la nascita della vita sulla Terra, la teoria dell'evoluzione di Darwin, la genetica, la possibilità della esistenza della vita in altri pianeti. Su alcuni argomenti magari ci si sofferma poco, ma la sintesi è uno dei pregi maggiori del testo.


Tematiche affascinanti, dunque, trattate in modo sintetico, ma molto preciso e, qui la seconda sorpresa, con un linguaggio ironico che alleggerisce e non di poco l'andamento della trattazione. Sono molti i concetti difficili, i passaggi delicati, che sono sottolineati anche grazie alle metafore divertenti e agli esempi che fanno riferimento alla vita quotidiana.
La terza sorpresa sta nel libro inteso come oggetto: la qualità della carta, la cura dell'impaginazione, le belle illustrazioni di Floor Rieder sottolineano quanto questo libro voglia essere un libro importante: una sorta di bibbia laica che introduce i giovani lettori e lettrici ad alcuni dei più grandi misteri teorici, che hanno assillato pensatori, scienziati, filosofi e teologi da quando l'uomo ha l'uso di tramandare il proprio pensiero.


E qui, l'ultima sorpresa, la più significativa: dove tutta l'argomentazione porta, cioè all'interrogativo principe che avvolge la nostra esistenza. Nei capitoli finali di questo libro ecco apparire in tutta la sua chiarezza l'interrogativo se la vita sulla Terra e, in ultima analisi, il senso della nostra esistenza, siano da far risalire all'intervento divino o siano il frutto dell'azione di forze naturali. Più e più volte, nel corso della trattazione, l'autore fa riferimento alle teorie creazioniste, esponendone le argomentazioni, e conclude riassumendo la propria posizione e quella, quantitativamente non secondaria in alcuni paesi, di fa risalire ogni cosa all'atto creatore di una entità divina.
Giustamente termina con un invito, rivolto ai giovani lettori e lettrici, a farsi una propria opinione, anche se tutto il testo è una pacata e seria confutazione delle tesi creazioniste.


Abbiamo di fronte, quindi, uno di questi testi che segnano un prima e un dopo, nell'ambito dei testi di divulgazione: così come per Mappe, Zoottica, Il libro delle Terre immaginate e altri che non cito, questo Il mistero della vita segna una svolta, dimostrando che si possono proporre testi impegnativi, argomenti importanti e controversi, a ragazzi e ragazze che vogliano approfondire tematiche così fondamentali. Non l'informazione veloce e sintetica di internet, ma un testo che insegna a ragionare sulle informazioni, a farsi domande e ancora altre domande, che insegna a non accontentarsi delle risposte facili. Che aiuta, in poche parole, a costruirsi un sano spirito critico, la capacità di formarsi proprie opinioni, autonome dai 'rumors' mediatici.
E ancor di più dimostra che con i più giovani si può e si deve ragionare su tutto, aiutandoli a trovare una propria strada e magari un percorso di studi.
Senza togliere a un argomento così vasto e così affascinante quel senso di stupore e di meraviglia che è all'origine di ogni pensiero.

Eleonora

“Il mistero della vita”, J.P. Schutten, con le illustrazioni di F. Rieder, L'Ippocampo edizioni 2017


LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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PER CHI HA MANI CHE SANNO CERCARE...

Piccino, Elisa Mazzoli, Tatiana Gambetta


ILLUSTRATI PER PICCOLISSIMI (dai 18 mesi)

"Con mamma la nanna
profuma d'amore
ssss

Il latte da bere
ha un dolce sapore
mmmm

c'è cuor di papà
che batte per me
tum tum tum"


Poi in braccio alla nonna il bimbo è un po' re, poi gioca a sorpresa, si imbarca a quattro zampe in un'impresa, si gusta la vita mordendo una mela, e sa che la storia non è finita perché la sfoglia e la risfoglia, prosegue gattoni verso il mare e non si arrende poi scala una montagna uff uff...


Un librino per mani piccolissime, per orecchie nuove in cerca di ritmi, di assonanze e onomatopee. Cartonato, quadrato senza angoli vivi e soprattutto, ed è qui la novità dopo tanta e lunga latitanza, fotografico.
Rarissimi i libri di fotografia, quando invece sarebbero ideali per creare nello sguardo dei più piccoli un catalogo di oggetti, colori, forme, utilissimo al loro immaginario. Sto pensando con nostalgia ai libri di Tana Hoban, sempre irrimediabilmente modernissimi e bellissimi.
Buonanotte a tutti, di Giuseppe Mazza (Clavis 2012) oppure il tanto amato Io e il ragno di Francisco Alonso (Kalandraka 2011) sono mosche bianche in un repertorio di libri per il 99% illustrati da disegni, che in alcuni casi 'scimmiottano' addirittura la fotografia, come i recenti Quando mangio oppure Quando gioco editi da Il Castoro e illustrati dalla Possentini.


Piccino parte con immagini delicate con filtri soffusi per gli scenari dei primi giorni di vita, che via via si perdono per lasciare posto a una vivacità di colore e di movimento con bambini e bambine che cominciano a muoversi in autonomia, a correre e ad arrampicarsi.


Piccino ha un suo fratello di latte in Gioco il mondo dove però il testo è più lungo e articolato e con rime ricorrenti, vere e proprie filastrocche. Se in Piccino l'obiettivo è quello di mettere in elenco alcuni tra i gesti consueti dei lattanti e con loro le persone che li compiono: mamma, papà, nonna ecc., e di stabilire un seppur sommario percorso di crescita - dall'allattamento al seno alla conquista di una duna di sabbia - nel libro Gioco il mondo la relazione tra testo e immagine diventa più complessa, i colori delle fotografie si accendono, quasi fosse pensato per bambini e bambine impercettibilmente più grandi. Si parla di fame di conoscenza e voglia di indipendenza. Spetta però all'ironica chiave di lettura di alcune immagini il valore aggiunto di questo secondo titolo. Penso per esempio alla bimbetta che esplora le narici del pacifico cane che è seduto vicino a lei, e su cui il testo ironizza: per chi ha mani che sanno cercare...


La qualità delle fotografie di Tatiana Gambetta è alta per talento tecnico, ma anche per sensibilità nel cogliere gesti, altamente riconoscibili nella quotidianità di un bambino. Spesso ritratti di spalle o dall'alto, i piccoli fotografati non sono mai, o quasi mai, in posa e non cadono mai nell'oleografia. Al contrario, senza mai cedere al gusto per il repertorio, ci sono bambini biondi, bambini scuri, bambine calciatrici o vestite con i merletti.


Non riesco a vedere una progettazione per le singole inquadrature, al contrario una grande spontaneità. Bene così.

Carla

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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CATALOGARE L'INFANZIA

Avete visto Anna?Susanna Mattiangeli, Chiara Carrer
Il Castoro, 2017


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Anna può essere morbida. Si muove morbida, si siede morbida.
Se ascolta una storia, per esempio, sta stesa a sentire, si tiene la faccia, è soffice e liscia.
Ma tutto può cambiare. L'aria, i pensieri, l'umore.
Se si indurisce, cammina dritta, si sposta di scatto, urta gli oggetti, è tutta compatta."

Al mercato, al banco della frutta mamma e bambina stanno per scegliere i mandarini. Un attimo, uno sguardo che si distrae e Anna sparisce alla vista. 


Comincia la ricerca: la mamma chiede a tutti coloro che si muovono lì intorno. E come un'onda si propaga la notizia e l'intenzione di cercarla. Non si può cercare qualcosa che non si sa come sia. E nessuno sa come sia Anna, la bambina sparita. Comincia così una sua descrizione che porta un po' di qui e un po' di là: il colore della pelle che può variare, i suoi modi che sono diversi ogni minuto, da appiccicosa a pungente. Se sia grande o piccola? sa essere entrambe: quando è aperta è gigantesca, ma quando è chiusa potrebbe stare in una scatola...Tutti ormai la cercano e la chiamano tra i tanti suoni intorno ai banchi del mercato. Così come è sparita, ricompare dal nulla. O meglio da un angolo qualunque, rispunta una bambina qualunque. Che come tutte le bambine qualunque, è diversa da tutte le altre, perché come lei c'è solo lei.
Ora si può riprendere da dove abbiamo lasciato: la scelta dei mandarini.
Emilio Varrà, nel suo articolo Albo e tempo(Ad occhi aperti, Donzelli 2012) con la chiarezza che distingue i suoi scritti, mette in evidenza che la narrazione breve che è l'albo illustrato ha due caratteri fondamentali: da una parte è un racconto che si dirige in profondità, piuttosto che nella superficie dell'intreccio e dall'altro è un racconto di un tempo sospeso. Il tempo sospeso, spiega alludendo alla poetica di Beatrice Alemagna, è una sorta di respiro che si trattiene dal momento che la storia ha un suo avvio, fino al momento conclusivo. A questa modalità che non si può non riconoscere al picture book di qualità io aggiungo che la sospensione acquista maggior forza laddove la storia parta da un elemento di realtà, per poi sospendersi e far sospendere il respiro di chi legge, e in fase finale riagganciarsi a quella stessa realtà di partenza. Penso al 'prototipo' del pb rappresentato da Nel paese dei mostri selvaggi, dove partenza e arrivo sono entrambi nella vera stanza del bambino Max, mentre tutto ciò che è in mezzo è 'viaggio' sospeso in un altra dimensione che con il reale poco condivide. Penso a Fortunatamentedi Remy Charlip, insomma libri così ben fatti posso diventare canone.
Avete visto Anna?a suo modo rispetta tale regola. Si parte dai mandarini e lì si ritorna.
E per di più, nella sospensione narrativa che costituisce il centro del racconto, Susanna Mattiangeli si tuffa in profondità e ci si muove con disinvoltura.
La cosa che colpisce immediatamente nel leggere Avete visto Anna? è la somiglianza di andamento della narrazione con altri due libri importanti di Mattiangeli - Gli altri (Topipittori, 2014) eCome funziona la maestra (Il Castoro, 2013). In tutti e tre i casi, assistiamo a una assenza sostanziale di trama, manca il plot come suol dirsi, in favore di una disamina dettagliata, quasi puntigliosa, del soggetto protagonista della storia: in sostanza si tratta di tre cataloghi, tre liste di elementi costitutivi o, se si preferisce, manuali di istruzioni.



Molto ben articolati, ma niente di più e niente di meno. Se in Come funziona la maestrasi rideva molto nel constatare che questo essere umano veniva descritto come un oggetto qualsivoglia, già nel secondo, Gli altri, si facevano interessanti tuffi verso una profondità di analisi.
In Avete visto Anna? il tema è ambizioso, ma ancora un volta si organizza come un catalogo. Un catalogo che abbia come obiettivo di descrivere che cos'è un bambino, anzi quel bambino (chissà se in chiave polemica?), o più precisamente quella bambina.
Questo a parole, ma nel nocciolo di senso del libro, la cosa che colpisce è la sineddotica volontà di andare a fondo sul concetto di 'infanzia', attraverso un singolo esemplare: Anna.


In questo senso, a ogni domanda degli interlocutori in cerca di Anna, domande il più possibile oggettive - Come è fatta? Corre o va piano? Cosa fa? Ma è grande o piccola? - la madre trova risposte che vanno in direzione opposta e contraria all'oggettività. Dà risposte articolate, apparentemente contraddittorie, spesso meravigliosamente ambigue, ma sempre piene di emotività. E così Anna diventa unica e inimitabile.
Anna sa essere grande quando si apre tutta, ma quando si chiude diventa piccola che sta in una scatola.
Com'è Anna? In lei tutto può cambiare: sa essere dura e morbida, si agita e si accende, ma sa star ferma a guardare le formiche. Alle volte è appiccicosa, altre ha le spine per tenerti a distanza...


Questo è Anna, bandiera dell'infanzia.
Sul catalogo sembra concentrata anche una rinnovata Carrer con i pennarelli in mano sui suoi amati fogli millimetrati, a righe, a quadretti o di computisteria. Le pagine più felici sono quelle corali, che sono molte. Il tratto che al principio sembra voler alludere a un disegno infantile (ovviamente la sensibilità per la pagina è quella di una grande artista), matura in alcuni momenti e diventa rapido e impreciso per creare profondità e spessore dei volumi, molto maturi e quindi lontani dai disegni di un bambino. 



Felice la soluzione scelta per la pagina con la gente che chiama a distesa il nome di Anna. Mi pare che il registro scelto qui si allontani dalle soluzioni un po' cerebrali che avevano distinto Come funziona la maestra. Qui mi pare di cogliere una Carrer davvero nuova e felicemente più...chiara.

Carla

Noterella al margine. Un plauso va fatto alla cura minuziosa del linguaggio. Mai casuale, al contrario musicale. Sempre. Un piacere leggerlo a voce alta.



LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

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GIOCO DI SQUADRA
 
Il Gigante Salterino, Julia Donaldson, Helen Oxenbury 
(trad. Chiara Carminati)
Mondadori 2017


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)

"Un giorno Coniglio stava saltellando verso casa, quando dì una voce tonante che veniva da dentro la tana: Sono il GIGANTE SALTERINO non osare venire più vicino!''Aiuto! Aiuto!' gridò Coniglio. 'Cosa succede, Coniglio' chiese Gatto. 'C''è un Gigante Salterino nella mia tana!''Non preoccuparti' disse Gatto. Entrerò di soppiatto e gli balzerò addosso!' Così Gatto strisciò fino alla tana. Ma proprio quando stava per entrare di soppiatto sentì una voce tonante che diceva: 'Sono il GIGANTE SALTERINO e ti spappolo come un moscerino.'"


Ora è il turno del gatto che, atterrito e orripilato, grida aiuto.



Al sentirlo, giunge Orso e anche lui si offre di infilare la sua zampona nella tana di coniglio per 'bonificarla'. L'urlo dall'interno è sempre lo stesso, o quasi. Questa volta ad attendere orso ci sono i denti dell'usurpatore di tane, più feroci di quelli di un mastino. Dall'orso all'elefante cui viene urlato dalla grotta 'se ti tocco ti riduco ad un grissino' e poi arriva lei, buona ultima, in perfetta controtendenza all'aumento di mole, Mamma Rana che non si spaventa davanti all'ignoto minacciatore...


In un'accoppiata che fa scintille di per sé, Donaldson e Oxenbury rivisitano uno dei topoi fiabeschi più conosciuti e diffusi (per esempio, ne esiste un'altra versione illustrata che ha per titolo: Il piccolo coniglio bianco ed è pubblicato da Kalandraka). E lo fanno da par loro.
La grande armonia che si instaura subito tra testo, che in origine era una pièce teatrale, e figura dipende sia dal grande spessore delle due autrici, sia dal grande lavoro di squadra condotto a monte dell'editore che, lo dichiara in un'intervista, le ha volute entrambe intorno a un tavolo per discutere le criticità. La prima fra tutte la copertina con il titolo che allude a una creatura misteriosa che non poteva essere svelata. La scelta della Oxenbury vira quindi verso gli animali protagonisti. 
Metterli tutti insieme in una unica tavola significa fare i conti con la differenza di mole di ciascuno. E allora come armonizzarli? Facile: ritraendoli seduti, attutendo di fatto così le differenze d'altezza, e mettendoli in dialogo corporeo: il gatto che tocca la zampa sinistra dell'elefante, il coniglio che si appoggia a quella di destra, l'orso che si tira a sé le ginocchia.
Sono magicamente diventati un gruppo di amici. E allora, e questo è un non detto nel testo che invece si delinea solo nelle figure, accanto alla paura c'è subito il gioco di squadra.
La narrazione è molto equilibrata e punta sulla ripetizione, tema caro e congeniale ai più piccoli.
La Donaldson con sicurezza entra immediatamente in media re, affermando che il coniglio non riesce a riconquistare la sua casa perché occupata da una creatura misteriosa e nella triplice ripetizione l'ilarità sorge spontanea nel constatare che ogni volta l'animale chiamato in causa è sempre più grande.


Se da un lato si gode della semplicità ed efficacia del testo, perfetto per una lettura ad alta voce, tradotto con la consueta sensibilità e musicalità da Chiara Carminati, dall'altro tanta morbidezza la si ritrova nelle figure dei sei animali protagonisti. Che, come di solito nel repertorio oxenburiano, hanno contemporaneamente qualcosa di animalesco ma anche molto di umano: nelle posture, nello sguardo...


Questa circostanza è quella che crea la chiave del successo che dura da oltre 50 anni delle illustrazioni di Helen Oxenbury. Pur nella loro compostezza classica, i suoi acquerelli sono sempre in grado di rendere il lettore protagonista al tempo stesso. Si pensi al suo ben noto capolavoro A caccia dell'orso. Qui come altrove, come per esempio nel recente E' ora di andare a nanna, la Oxenbury raffigura piccoli eroi coraggiosi che sfidano le loro paure e le vincono. Lo schema è pressoché lo stesso ma perché abbandonarlo se si rivela vincente? Creare un luogo di avventura, sia costruito in uno scatolone di cartone, sia un bosco fitto, farci agire i protagonisti, fargli valicare la paura e quindi ricondurli in salvo. Questa rilettura in chiave 'anfibia' concepita dalla Donaldson di una fiaba costruita sullo spavento e sul terrore dell'ignoto è assolutamente perfetta per la sensibilità dell'illustratrice britannica.


E infatti il risultato è sotto gli occhi di tutti. Spassatevela.

Carla

ECCEZION FATTA!

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NOVE PISTE DI LETTURA


BIBLIOGRAFIA PER UN INCONTRO CON EDUCATRICI DI NIDO E INSEGNANTI DELL SCUOLA DELL'INFANZIA (Roma 26 maggio 2017)



Ritratto di bambino


Giacomo Agnello Modica, Anita e il suo reame, Edizioni corsare, 2017

Con la medaglia


Komako Sakai, Hatsue Nakawaki, Aspettami, Babalibri 2016
Attilio, Cappuccetto Rosso, Lapis 2017

Senza parole


Eric Battut, Il cappello di Topolina, Bohem Press 2016

Invisibili e introvabili


Georgina Ponce Blasco, Ilaria Dal Canton, Ghirighiri, passabao 2017

Sembra questo sembra quello


Agnese Baruzzi, Guarda qua guarda là, Lapis 2017
Silvia Borando, Nascondino, Minibombo 2017
Ramadier&Bourgerau, Apri bene gli occhi, Babalibri 2017

Nonsense


Chihiro Takeuchi, La mia fabbrica, Sinnos 2016
Milton e Shirley Glaser, Se le mele avessero i denti, Corraini 2017
María José Ferrada, Gaia Stella, Il segreto delle cose, Topipittori 2017

Cataloghi e liste


Philip Giordano, Giovanna Zoboli, Nel cielo, Topipittori 2017
Mariana Ruiz Johnson, Lungo il cammino, Kalandraka 2017


I classici


Judith Kerr, Una tigre all'ora del tè, Mondadori 2016


I cattivi


Francoise Diep, Magali Le Huche, il lupo e la zuppa di piselli, Clichy 2016
Stéphane Servant, Cécile Bonbon, Ma che roba è? Terre di mezzo 2016


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