LA MEMORIA VIVA, VIVA LA MEMORIA
Equilibri 2025
NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)
"In quel momento l'uomo si risvegliò e prese per il bavero Falco. I suoi occhi erano vivissimi, come solo gli occhi di chi sta per morire possono esserlo.
'Livio Boschi!' esclamò.
Falco per la sorpresa stava per cadere all'indietro, ma l'inglese lo trattenne. Rivo era balzato in piedi e l'uomo, vedendogli il coltello in mano, capì quali intenzioni avesse. Accennò al paracadute:
'Potete prenderlo, ma in cambio dovete fare una cosa'. Parlava bene l'italiano, con solo un lieve accento inglese. Senza lasciare il bavero di Falco, con la mano libera prese un cilindro di acciaio che aveva legato al fianco.
'Portatelo a Boschi', disse, e lo porse a Falco. Lui lo prese senza quasi rendersi conto e lo guardò.
'Cos'è?' chiese Rivo, ma l'inglese cadde all'indietro trascinandosi Falco. Era morto con la mano ancora aggrappata al bavero del ragazzo."Falco. Era molto con la mano ancora aggrappata al bavero del ragazzo."
Un ufficiale inglese che si è paracadutato sulle colline dell'Appennino emiliano per consegnare un importante messaggio al capo della brigata partigiana di quelle parti. Il paracadute non si apre come dovrebbe e lui precipita, ma prima di morire, raggiunto dai due ragazzi che hanno assistito alla scena, lo consegna a uno di loro.
Comincia così, un po' per caso, con il desiderio di raggiungere quel paracadute per poi rivenderlo a borsa nera come seta per abiti, l'avventura partigiana di Falco e Rivo. Fino a quel giorno per loro la guerra era intorno, ma finora non li aveva coinvolti in prima persona. Li aveva lasciati stare.
Ma l'entrare in contatto con altri ragazzi loro coetanei, vedere dove e come vivono in clandestinità le loro giornate, la loro guerra, conoscere insomma i partigiani di Livio Boschi, nome di battaglia Gordon, cambia la loro esistenza. E diventa Resistenza.
Falco - e dietro di lui anche il disincantato Rivo, figlio di Dante il comunista - smettono di stare ai margini della Storia e fanno la loro prima e autentica scelta di campo.
Questa è la loro storia personale (un po' presa dal vero e un po' no), avventure, prove di coraggio, primi amori, lutti in famiglia, musica, tanta musica, che si intreccia con la Storia (vera), ossia quella che racconta di come nel '45 l'esercito britannico combatté al fianco della Resistenza per liberare l'Italia dal nazifascismo.
Ne Il Falco e la Stella ci sono uomini e donne che si sono trovati a combattere, fianco a fianco, in una unica lotta per la liberazione.
La chiave di questa storia sta proprio in quel "fianco a fianco", ossia nella grande prova di reciproca fiducia che ha tenuto assieme un 'esercito' molto eterogeneo ma coeso nel nome di un valore superiore a qualsiasi altro obiettivo politico che muove nazioni ed eserciti: l'umanità delle persone. Il sentirsi compagni, fratelli e sorelle.
Son meno di tre pagine, a libro finito, in cui Fabrizio Altieri riprende la parola e racconta, con parole importanti e pesate, l'origine del libro e le radici autentiche, accurate nei confronti delle fonti, e quelle letterarie di questa bella storia.
Appartenere a quella generazione che la guerra, ma ancora di più la Resistenza, se la è sentita raccontare da chi, ragazzo o ragazza in quegli anni, l'ha vissuta o se l'è vista passare davanti agli occhi, aiuta.
Anche a chi abbia più di cinquant'anni, storie del genere risultano interessanti e importanti: anche per loro, è naturale riconoscerne e quindi percepirne lo spessore e la complessità. Molti tra loro temono il rischio reale che essa sia trascurata o non capita, o peggio, dimenticata.
Ma se di anni ne hai una decina o poco più? Se non hai a disposizione un bisnonno che ti racconta e ti chiama dentro fatti realmente accaduti?
Ecco, in quel caso entrano in gioco scrittori capaci che della materia dei fatti sappiano impadronirsene e sappiano restituirla in forma di buon romanzo.
Questo è quello che è successo qui.
Ingredienti imprescindibili, a mio avviso, sono: la buona scrittura; la sapiente capacità di costruire una buona storia (qui intorno a un fatto realmente successo), ossia una trama credibile che sia nel contempo onesta e avvincente; il calibrato dosaggio di elementi, diciamo così, universali che siano in grado di toccare le anime di lettori di età diverse.
Partiamo dalla buona scrittura.
In tutta onestà la cosa che mi ha soprattutto colpito, generando in me di volta in volta nuova aspettativa, è la puntualità con cui, a ogni fine di capitolo, con relativo cambio di scenario, Fabrizio Altieri si presenta sempre preparato a un exploit, anche semplici frasi ma di sicura presa ed effetto, che puntuali stanno lì pronte a stupirti e a tenerti attaccato alla pagina.
Un infallibile incentivo ad andare avanti.
La capacità di costruire una trama avvincente e onesta intellettualmente è segno - non solo di buon mestiere - ma anche di talento autentico.
Se si leggono le note finali in cui si è sentita l'esigenza da parte dell'autore di passare al setaccio l'intera storia per distinguere il vero dall'inventato, si può ricostruire a posteriori il grande lavoro di incastro dei vari pezzi che tengono su con onore l'intera struttura, fatta di Storia e di storia. Quella stessa capacità immaginativa che un buon architetto, o un buon regista, deve avere nel progettare un corpo che nel tempo e nello spazio abbia un suo senso, una sua armonia, una sua bellezza.
A ogni capitolo cambiano le prospettive, i personaggi si avvicendano nel loro sparire dalla scena o rientrarci, proprio come a teatro.
E infine, gli elementi universali.
Rispetto a questi, mi verrebbe istintivo tacere, perché ognuno possa trovare i propri, senza essere guidato da una lettura che è, al contrario, molto personale.
L'unica cosa che mi sentirei di sottolineare è questa: in ogni buona storia, ci sono.
E questa decisamente lo è.
Carla