VARCARE LA PORTA
Sellerio 2025
NARRATIVA PER GRANDI (dai 10 anni)
"Non ho seguito una parola della lezione di matematica, e neanche quella dopo di inglese. La ricreazione la passiamo seduti al banco controllati da Italia, che è la collaboratrice scolastica del piano. Cinque settimane così e diventiamo pazzi. A malapena si può chiacchierare col vicino di banco. Me lo sogno di scambiare due parole con Roberto Tardioli o Wheng Chen che stanno due file dopo di me. Di guardare Tiziana, Lorella e sperare...ma sperare che? Se solo provano a parlarmi divento rosso e non riesco più a spiccicare parola. È già successo e hanno riso di me. Guardo Cecere e Marinelli. Cecere scarabocchia fogli. Marinelli fa il duro, ha un coltellino e ci incide il piano del banco. Solo perché ha un fratello di 14 anni. Altrimenti varrebbe poco o niente."
Breve antefatto.
In quella I media è appena successa una cosa: sul lato posteriore della lavagna qualcuno ha disegnato un maiale e sotto ha aggiunto Corini maiale. Corini Anna, colpevole di avere un naso schiacciato, diventa per questo bersaglio dei peggiori.
La prof si arrabbia, chiama il preside e lui chiede al colpevole di uscire allo scoperto: silenzio in aula. Sentenza emessa: 5 settimane senza ricreazione.
Fine dell'antefatto.
A raccontare è Max Pagani, di nonno irlandese, amico per la pelle di Nigel, keniota, con la testa piena di dred.
La famiglia di Max è piccolissima: vive con sua madre, che fa la segretaria e si ammazza di lavoro. C'è saltuariamente anche un padre, separato, che si affaccia ogni 2 o 3 settimane. Non è proprio la sua passione, al momento.
La famiglia di Nigel al contrario è numerosissima: 5 fratelli e 2 sorelle più madre e padre: tutti arrivano dal Kenya.
Loro due sono inseparabili, cosa che gli fa vincere il soprannome di Maxibon.
Con loro, in tutte le loro chiacchiere e spesso anche nelle loro uscite, ci sono anche Roberto e Wheng, cosa che gli fa vincere un altro soprannome: i 4 desperados. In perenne adorazione delle ragazzine della classe e non solo, perennemente respinti, questi quattro fanno squadra di fronte alle durezze di quell'età. E soprattutto passano parecchio tempo assieme, perché il resto del mondo pare ignorarli o, peggio, prenderli di mira.
Queste le loro avventure, talune investigative, almeno un paio, e altre con fini diversi.
Un pugnetto di undicenni in azione.
La cosa strana dentro cui mi è capitato di inciampare alla fiera di Bologna è stata questa: con una mia amica non riuscivamo a trovarci nel grande padiglione 29, così alzo lo sguardo e le dico: sono davanti allo stand di Sellerio, 1 B/4. Lì per lì non ci penso e poi mi dico: che cosa ci fa Sellerio alla BCBF?
La risposta è questo libro, numero uno di una nuova collana (il numero 2 è di Andrea Camilleri: Guardie e ladri, ma non l'ho letto), che si intitola La memoria dei ragazzi.
Anche Sellerio, il magnifico Sellerio, sente la necessità di entrare nel rutilante mondo dell'editoria per ragazzi.
La porta è sempre aperta, o forse sarebbe più giusto dire, spalancata, vista l'espansione del settore...
E l'accesso attraverso quella porta, non lo si nega a nessuno. Men che meno a un editore così tanto interessante, così tanto raffinato, così tanto... tanto.
In perfetto stile Sellerio escono piccoli libri - il formato è identico ai piccoli Sellerio blu, che costituiscono l'immaginario di ciascuno di noi, quando sentiamo il nome Sellerio, e occupano interi ripiani di librerie. Persino la carta ha la medesima qualità dei libri che appartengono a genitori e nonni.
La grafica non cambia di molto, ma si movimenta e colora, tenendo conto che si rivolge appunto ai figli e ai nipoti di quelli che hanno comprato e letto i magnifici libri blu. Dei piccoli disegni in bianco e nero qui e lì, che non spostano nulla, ma stanno lì a dimostrare che non si sta tenendo in mano un Sellerio da grandi.
L'altra costante sembrerebbero essere gli autori, almeno le prime due uscite pescano nel loro catalogo: Manzini e Camilleri.
Il nome della collana, La memoria dei ragazzi, anch'essa si congiunge in modo diretto con il nome della collana dei libri blu, La memoria.
Ecco. Ed è proprio questa parola "ragazzi" che mi fa riflettere.
Scrivere per ragazzi. Scrivere per adulti.
Col tempo e la militanza e con l'aiuto di altre belle teste che hanno scritto libri illuminanti in proposito, sono arrivata a concludere che scrivere buone storie per bambini non sia diverso, e men che meno più facile, che scrivere buone storie per adulti.
Non è detto che se hai scritto buone storie da grandi, tu sappia farlo con eguale efficacia, scrivendo per bambini.
Senza lungaggini, rimanderei ai 10 punti + 1 che emergono dalla lettura di un libro che di questo si occupa, La porta segreta.
Tuttavia, in estrema sintesi, mi sentirei di ribadire che l'impegno e lo sforzo, la cura, l'onestà, il rispetto dell'intelligenza di chi ci legge dovranno essere spesi in egual misura.
E qui, nella fattispecie, tali impegno e sforzo ecc ecc. andrebbero pretesi per la collana Memoria, tanto quanto per quella Memoria dei ragazzi.
Anzi, possibilmente, lo sforzo dovrebbe essere maggiore perché un grande che scrive per un grande sa a chi si rivolge, mentre un grande che si rivolge a un piccolo, non può saperlo.
Almeno non fino in fondo.
E poi arrivano le domande sull'adulto che scrive per ragazzi: sarà capace, nel farlo, di silenziarsi e, in quanto adulto, astenersi dal dare ai suoi piccoli lettori buoni consigli sulla vita e su come viverla?
Sarà capace di scegliere di mettere nelle sue storie quegli argomenti, quelle questioni che sono di fatto universali, e lo sono a tal punto da non lasciarci mai, neanche da grandi o da vecchi?
Sarà capace di non cadere negli stereotipi o in una sua idea preconcetta di cosa sia essere piccoli in crescita?
Sarà capace di non scimmiottare infanzie e adolescenze solo per blandire i propri lettori?
O altrimenti, sarà capace di scriverne con cognizione di causa, ovvero premurandosi di verificare la propria onestà nell'attingere alla propria di infanzia/adolescenza e quindi volerne raccontare un po'?
Ecco. Sarà capace?
E dunque: è condizione sufficiente essere scrittore di fama per intraprendere, così come ha fatto con i grandi, una serie di racconti per ragazzi, che abbiano un vago gusto di quello che tanto era piaciuto alle madri e ai padri di detti ragazzi?
No, non lo è.
Carla